IL DECORATORE-PITTORE
In Umbria, nella stupenda città di Gubbio sopravvivono ancora mestieri antichi, che hanno le proprie radici molto lontane nel tempo, come il pittore o il decoratore edile.
Oggi il più comune tinteggio è a tempera, ma si sta affermando sempre di più il ritorno ai tinteggi “tradizionali” alle calci e terra, velature, encausti…
Giuliano Minelli (Gubbio) ha un’ impresa che pur conoscendo i prodotti in uso nel mercato, tende a privilegiare quelli più ecologici e a minor impatto ambientale, quindi non solo quelli messi a disposizione dall’industria, ma usa pure metodi e materiali antichi appresi dalla propria tradizione di “bottega artigiana” ed è con lui che affronteremo i diversi aspetti di questo mestiere.
Domanda: Puo farci una breve presentazione della sua storia professioinale: degli anni vicino a suo padre, e l’amore per un mestiere che ha a che fare con l’arte, i colori, la luce; il ricreare oppure il donare un’atmosfera nuova ad ambienti che hanno un grande valore storico-artistico?
Risposta: Sono cresciuto all’interno della “bottega” di mio padre Giuseppe, a sua volta allievo di Cricchi, fiduciario della Sovrintendenza e dell’acquarellista vaticano Roberto Raimondi, che gli ripeteva quasi con insistenza di sentire le emozioni che trasmettono i colori.
Anche il maestro Cricchi gli trasmise questo amore per il colore che imparò dal pittore Augusto Stoppoloni (1916-18), di cui troviamo alcune opere nel Duomo di Gubbio, sono sue le pitture murali dell’abside, dell’arco trionfale e delle cappelle di sinistra.
Sostanzialmente io ho imparato questo mestiere “rubando con gli occhi” perché il babbo era severo e più di tanto non si dilungava nelle spiegazioni e comunque sono venuto a conoscenza delle tecniche usate dalla fine del ‘700.
Ricordo lo stupore di quando scoprii che il bianco si creava dal nero!
E’ lì che ho imparato a mescolare i colori, usando le terre, le mani per sentire la giusta fluidità e consistenza e compattezza della tinta. Ho imparato a riconoscere il tipo di “muro” da lavorare, con le mani, quasi accarezzandolo, facendole aderire alla superficie, e non soltanto con gli occhi.
Ho un rapporto fisico con la materia: ci si deve conoscere bene e in profondità per arrivare ad un risultato buono, altrimenti…
Domanda: Come definerebbe il suo mestiere: antico o moderno?
Risposta: Non è nè antico né moderno, è contemporaneo. Vive secondo l’uomo di oggi, con le acquisizioni che provengono dal passato ma proiettato nel futuro. Ci sono pregi e difetti come in tutti i mestieri del mondo. E’ un mestiere che dà soddisfazioni perché offre bellezza, anche se non è sempre valorizzato economicamente come si dovrebbe.
Domanda: C’è una scuola in grado di far crescere queste sensibilità?
Risposta: Mi dispiace dirlo ma la risposta è negativa.
Se poi il soggetto ha dentro di sé una “passione” allora può coltivarla e farla crescere, altrimenti con quello che ti dà la scuola di oggi non vai molto lontano.
Domanda: Quali sono state le realizzazioni più importanti e che le hanno dato maggiore soddisfazione?
Risposta: Non mi è facile fare una classifica, ci devo pensare un po’.
Mi vengono in mente i lavori effettuati per i soffitti del Palazzo Ranghiasci nella piazza centrale di Gubbio; poi alcune sale del Vescovado di Gubbio; oppure la Villa Benveduti dei Colaiacovo, ma anche i lavori eseguiti per lo stilista Roberto Menichetti.
E poi la soddisfazione di quando gli architetti consigliavano ad esempio, di sabbiare delle pareti o soffitti ed io insistevo, osservando bene il muro, di verificare cosa ci fosse sotto, scoprendo decorazioni ed affreschi!
Domanda: C’è una evoluzione nel suo mestiere: ad esempio nuovi materiali, un modo nuovo di concepire la decorazione anche nell’architettura moderna, oppure no?
Risposta: Oggi si dà troppo spazio alle “tendenze di moda”. C’è troppa uniformità che impoverisce poi molto i risultati. Si tende ad usare colori e tonalità spesso estranei al contesto, al territorio.
Il colore risulta bello e vivo quando è composto da almeno tre o quattro colori perché soltanto così si catturano i riflessi della luce: tanto per capirci il bianco non è mai bianco e basta!
Domanda: Ad un giovane che intendesse avvicinarsi al suo “mestiere” quali consigli darebbe?
Risposta: Gli direi “cambia mestiere!”
A parte la battuta, lo indirizzerei ad uno studio “appassionato” dell’arte, delle tecniche di pittura, dei materiali con cui si fa pittura.
Lo inviterei ad entrare nelle nostre chiese e palazzi storici per innamorarsi di un affresco, di una tavola dipinta: fermarsi a cogliere la pennellata leggiadra o nervosa stesa sulla superficie e interrogarsi sul perché, e studiare, studiare, amare studiando!
Viviamo in un territorio che è un “libro aperto”, ogni piccolo centro è ricco di documenti straordinari e spetta a noi individuarne le corde giuste per far vibrare nuova musica e suscitare emozioni. Sono quei piccoli-grandi attimi necessari per vivere e per sentirci parte integrante di questa storia dell’umanità che è poi il fiume della vita.
Rolando Boco
Per ulteriori informazioni:
Giuliano Minelli, Gubbio
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