Fino ai primi decenni del Duecento il costume fu, in genere, sobrio e castigato. La buona morale e il vivissimo senso religioso volevano abiti lunghi e larghi, dove la forma della persona scomparisse sotto l’ampiezza della stoffa. Un cronista romano del Trecento, deprecando i raffinati costumi del suo secolo, rimpiangeva gli anni in cui la gente portava vestimenta larghe e oneste, e non faceva sfoggio di panni e di gioielli.
Belle vesti e dure leggi
Su questo tema è stata organizzata nel 2003 a Bologna una mostra intitolata “Belle vesti e dure leggi”, che prende spunto dalla legislazione suntuaria in vigore in emilia Romagna tra il XIII e il XIV secolo. Il termine “suntuario” deriva dal latino “suntus” che significa lusso e, infatti, queste leggi venivano promulgate per frenare gli eccessi, contenere le costose importazioni di generi di lusso e insieme castigare i costumi. L’esposizione ha avuto un significativo valore storico e antropologico, in quanto l’abbigliamento contemporaneo proviene direttamente dal Medioevo, a partire dalla netta distinzione tra abbigliamento femminile e abbigliamento maschile grazie all’introduzione dei pantaloni, indumento mutuato da Galli e Germani.
Ma cosa accadeva in realtà quando per legge si vietavano alcuni indumenti di lusso?
La dama in possesso, ad esempio, di un prezioso abito di panno color rubino cosparso di stelle d’argento doveva portarlo all’ufficio comunale e farlo registrare. Una volta ottenuto il bollo, il vestito poteva essere nuovamente indossato senza incorrere in sanzioni.
Il Registro della bollatura delle vesti
Così il 26 gennaio 1401 il notaio bolognese Gandolfo Fantuzzi descriveva nel Registro della bollatura delle vesti l’abito di donna Lucia:
“…unum gabanum brochati auri cum una manicha veluti nigri rechamata a perlis”.
Era questo lo strattagemma basato sulla denuncia delle vesti e sulla conseguente apposizione di un bollo applicato in parti nasoste degli abiti, il legislatore consentì alle donne bolognesi di indossare quelle stesse vesti di cui aveva vietato l’uso negli statuti suntuari del 1401, perché foderate di pelliccia, più larghe di dieci braccia all’altezza dei piedi, oppure dotate di strascisco e ornate di preziosi ricami.
Gli uomini usavano semplici tuniche e lunghi mantelli di colore scuro, ma erano molto spesso costretti a vestire l’abito militaresco.
Si chiudevano allora nelle cotte di maglia metallica, vestivano la tunichetta con le insegne fiammanti, e infilavano la spada nelle preziose cinture da cavalieri.