Santa Chiara, al di là della tradizionale immagine della monaca di clausura contemplativa tesa ad una totale rinuncia a questo mondo e ad una tensione forte e costante a Dio, dovette più volte combattere la superbia e la prepotenza degli uomini del suo tempo. Quando non aveva ancora vent’anni, difese strenuamente la sua scelta religiosa dalle violentissime resistenze dei suoi familiari: dopo aver usato parole persuasive, costoro passarono alle minacce e infine alle percosse. In due occasioni riuscì a far valere le sue ragioni di fronte a quelle di Gregorio IX: nel 1228 quando chiese ed ottenne il Privilegium paupertatis, cioè il documento che garantiva per lei e per la sua comunità la possibilità di rifiutare ricchezze e donazioni, e perciò di sopravvivere con quel poco di elemosina che mettevano insieme; nel 1230, irritata da un nuovo provvedimento papale che la privava dell’assistenza spirituale dei frati, rimandò al ministro generale dell’Ordine tutti i frati preposti alla questua quotidiana poiché, non avendo più chi provvedeva al pane dello spirito, era decisa a rinunciare anche al pane materiale. Questi sono episodi che ci offrono un’immagine diversa da quella un po’ statica tramandata dalla tradizione iconografica e letteraria. A proposito di questo aspetto, è conservata una biografia scritta nel 1492 da Magdalena Steimerin, clarissa nel monastero di S. Chiara di Strasburgo: sono inventate due dispute fra Chiara e Gregorio IX, che prendono certamente ispirazione dagli episodi sopra indicati. Il primo fatto si riferisce alla richiesta da parte dei frati affinché venga avviato il processo di santificazione di S. Francesco; ad essi si associa Chiara, ma senza ottenere alcun esito: allora, ordina a tutte le monache, e a quei frati che vivono nel suo monastero come membri permanenti della comunità, alcuni giorni di digiuno. Il Papa, meravigliato di un simile comportamento, abbandona ogni indugio e manda un fiduciario incaricato di raccogliere testimonianze sui miracoli operati da Francesco. La canonizzazione non tarderà a venire. Nel secondo episodio, Gregorio IX vuole che Chiara e la sua comunità accettino la Regola dove compare il nome di S. Benedetto ed è previsto il possesso di proprietà e beni. Anche in questo caso, Chiara ha di che replicare: accettare di possedere ricchezze, significherebbe vanificare tutte le lodi rivolte al Signore da cui ha ricevuto sempre il necessario per vivere; all’insidiosa domanda se non riconosce la santità di Benedetto, risponde che ci crede senz’altro, ma che conosce quella di Francesco per averla veduta di persona. Non si conoscono altri casi che offrono una rappresentazione così audace – e per nulla banale – della personalità della celebre seguace di Francesco d’Assisi: la tradizione giunta sino ai nostri giorni non è più uscita dai ben noti canoni agiografici, avendo proposto instancabilmente l’immagine di una donna silenziosa, modello di una mansuetudine intesa come passiva accettazione di ogni disciplina.
Santa Chiara, al di là della tradizionale immagine della monaca di clausura contemplativa tesa ad una totale rinuncia a questo mondo e ad una tensione forte e costante a Dio, dovette più volte combattere la superbia e la prepotenza degli uomini del suo tempo. Quando non aveva ancora vent’anni, difese strenuamente la sua scelta religiosa dalle violentissime resistenze dei suoi familiari: dopo aver usato parole persuasive, costoro passarono alle minacce e infine alle percosse. In due occasioni riuscì a far valere le sue ragioni di fronte a quelle di Gregorio IX: nel 1228 quando chiese ed ottenne il Privilegium paupertatis, cioè il documento che garantiva per lei e per la sua comunità la possibilità di rifiutare ricchezze e donazioni, e perciò di sopravvivere con quel poco di elemosina che mettevano insieme; nel 1230, irritata da un nuovo provvedimento papale che la privava dell’assistenza spirituale dei frati, rimandò al ministro generale dell’Ordine tutti i frati preposti alla questua quotidiana poiché, non avendo più chi provvedeva al pane dello spirito, era decisa a rinunciare anche al pane materiale. Questi sono episodi che ci offrono un’immagine diversa da quella un po’ statica tramandata dalla tradizione iconografica e letteraria. A proposito di questo aspetto, è conservata una biografia scritta nel 1492 da Magdalena Steimerin, clarissa nel monastero di S. Chiara di Strasburgo: sono inventate due dispute fra Chiara e Gregorio IX, che prendono certamente ispirazione dagli episodi sopra indicati. Il primo fatto si riferisce alla richiesta da parte dei frati affinché venga avviato il processo di santificazione di S. Francesco; ad essi si associa Chiara, ma senza ottenere alcun esito: allora, ordina a tutte le monache, e a quei frati che vivono nel suo monastero come membri permanenti della comunità, alcuni giorni di digiuno. Il Papa, meravigliato di un simile comportamento, abbandona ogni indugio e manda un fiduciario incaricato di raccogliere testimonianze sui miracoli operati da Francesco. La canonizzazione non tarderà a venire. Nel secondo episodio, Gregorio IX vuole che Chiara e la sua comunità accettino la Regola dove compare il nome di S. Benedetto ed è previsto il possesso di proprietà e beni. Anche in questo caso, Chiara ha di che replicare: accettare di possedere ricchezze, significherebbe vanificare tutte le lodi rivolte al Signore da cui ha ricevuto sempre il necessario per vivere; all’insidiosa domanda se non riconosce la santità di Benedetto, risponde che ci crede senz’altro, ma che conosce quella di Francesco per averla veduta di persona. Non si conoscono altri casi che offrono una rappresentazione così audace – e per nulla banale – della personalità della celebre seguace di Francesco d’Assisi: la tradizione giunta sino ai nostri giorni non è più uscita dai ben noti canoni agiografici, avendo proposto instancabilmente l’immagine di una donna silenziosa, modello di una mansuetudine intesa come passiva accettazione di ogni disciplina.