I MONASTERI BENEDETTINI
Castelli feudali e pievi vivevano in quei primi secoli del Medioevo una vita grama ed oscura di cui non ci sono rimaste memorie, ma in cui fermentavano i germi dell’assetto sociale futuro. Una più viva luce di civiltà fu portata, qui come altrove, dai monasteri benedettini, di cui si popolarono tra il secolo X e l’XI le nostre valli montane, donde una migliore coltivazione del suolo, un incremento della coltura, un sorriso fulgido di arte, che s’esprime ancora delle vecchie chiese romaniche. Ebbero maggiore importanza per estensione di fondi rustici, ceduti a poco a poco in enfiteusi a privati, per numero di monaci, per moltitudine di vassalli e agricoltori, di cui gradatamente promossero l’affrancazione, per le numerose chiese dipendenti, sparse per il contado finitimo e anche non prossimo, S. Maria d’Apennino fondata prima del 1000 presso il valico di Fossato, S. Vittore delle Chiuse istituito alla fine del secolo X alla confluenza del Sentino con l’Esino, S. Salvatore di Valdicastro, poi S. Romualdo, fondato dall’Anacoreta ravennate che volle chiudervi nella solitudine la lunghissima vita (1027).
CASTELVECCHIO E POGGIO
Due furono i castelli feudali da cui Fabriano ebbe diretta origine (carta di S. Vittore del 1160: ambo castra Fabriani), posti a poca distanza l’uno dall’altro presso la riva destra del fiume, detto allora Castellano e battezzato Giano nell’età umanistica, su due alture separate da uno stretto avvallamento, nel cui fondo nei tempi originari doveva scorrere un torrente, poi deviato per dar luogo ad una strada.
Castrum senza nome il primo, cui s’aggiunse poi l’appellativo di vetus per distinguerlo dall’altro più recente, su l’altura ove poi fu edificato il monastero olivetano di Santa Caterina; Poggio o Castrum Novum il secondo, ov’è oggi il monastero benedettino di Santa Margherita; entrambi con torri, cinta di mura, palazzi feudali, piccole chiese
(S. Claudio, S. Giorgio, S. Maria…), con più famiglie di feudatari formanti un consorzio di boni homines, un primo embrione di governo comune.
LA PLEBS
Da piccoli centri di signorotti con economia prevalentemente rurale i due castelli si evolsero fino a formare un centro unico popoloso e forte per l’affluenza dell’elemento operaio o plebs, determinata dalle favorevoli condizioni che vi trovava lo sviluppo delle industrie a causa della vicinanza del fiume, prima quella dei fabbri, che formarono numerose piccole officine lungo il corso del Giano e sul ponte che ne unì le sponde: i fabri che diedero al sorgente Comune lo stemma (Faber in amne) e la prima prosperità. Si ebbe allora un castrum Fabriani, con un’unica cinta di mura che includeva, oltre i castelli, le due piazze, la più alta (platea magna), in cui si svolgeva la vita amministrativa, la più bassa (platea Mercati o Mercatale), centro delle industrie e dei commerci.
L’elemento borghese operaio (universitas plebeiorum) acquistò sempre maggiore importanza ed iniziarono vivi contrasti con i feudatari rurali (boni homines); una serie di accordi reciproci portò alla formazione di un’amministrazione mista che diverrà succesivamente Comune sovrano.
IL COMUNE
Il secolo XIII fu il periodo del maggiore sviluppo, gradualmente la sovranità del Comune si estende sopra i castelli feudali del contado, in alcuni casi questo comportò lunghe guerre e devastazioni, in altri invece la concordia si raggiunse amichevolmente. Così tra il XII e XIII secolo il Comune di Fabriano venne in possesso di
tutta la valle del Giano e le montagne adiacenti. I patti che regolano il rapporto con i signorotti variano da soggetto a soggetto ma, come emerge dalle Carte diplomatiche dello Zonghi, in linea generale da un lato i conti e castellani feudali sottomettono se stessi, i loro beni e i loro uomini al Comune, a volte sono costretti a demolire i loro castelli e a diventare abitatori della città, promettono anche di militare con i propri uomini al servizio del Comune in caso di guerra, insomma ne riconoscono intera la sovanità.
Il Comune da sua parte garantisce loro il pieno possesso dei beni,s’impegna di difenderli con le armi contro chiunque osasse danneggiarli, li sottopone al regime statuario con gli stessi diritti degli altri abitanti del castello. Ogni trattato è poi riconosciuto e confermato dall’autorità dell’imperatoro o del pontefice o dei loro vicari nella regione.
Nello stesso tempo il Comune prendeva sotto il suo patronato gli antichi monasteri benedettini e sottometteva alla sua sovranità i loro uomini (San Vittore delle Chiuse, 1170; S. Maria d’Appennino, 1224….); erigeva poi sui confini con altri comuni, nei puntistrategici iù necessari alla difesa, rocche e fortilizi o nuovi (Belvedere, Porcarella) o già esistenti e adatti alle nuove funzioni (Collamato, Albacina, Cerreto, Pierosara…).
Quest’ampia opera di estensione di dominio portò con sé l’incremento demografico del centro: da un lato i castellani, privati dei diritti sovrani, trovarono via via più comodo e più utile il trasferirsi entro la terra abbandonando le vecchie e cadenti dimore rurali; dall’altro gli abitanti del contado, oppressi, impoveriti, minacciati dalle continue guerre emigraron sempre più numerosi nel centro del Comune, ove trovavano insieme, protezione e difesa e migliori condizioni di vita.
La giurisdizone ecclesiasica di questa nuova popolazione fu assunta quasi per intero da ordini religiosi, donde la costruzione di molte chiese monastiche ( S. Lucia dal monastero di S. Angelo infra ostia, S:Biagio da S.Vittore delle Chiuse, S.Cristoforor da S. Maria d’ Appennino…), mentre si stabilivanorapidamente negli stessi borghi o nel suburbio altri monasteri e conventi (Eremitani di S. Agostino 1216, Silvestrini 1231, Francesani 1234, Domenicani circa il 1290). Tutto questo pullulare di monaci e frati non fu troppo gradito al clero secolare che si vide privato di molti privilegi e prerogative; di qui lunghe contese giuridiche fra la chiesa matrice di S. Venanzo e i monasteri, e tra l’uno e l’altro di questi.
Verso la metà del secolo XIII si cominciò la costruzione delle nuove mura, che furono terminate da Alberghetto I Chiavelli nei primi anni del secoloseguente; così la città raggiunse la sua maggiore estensione e si divise in quatro quartieri, i due più antichi ( Castelvecchio, Poggio) e i due nuovi nominati dalle chiese maggiori (S.Venanzo o S. Giovanni, S. Biagio), mentre in mezzo ad essi sorgeva il palazzo del popolo, sede del Governo del Comune (1255).
LE ARTI
Conseguenza più importante di questo incremento demografico fu lo sviluppo delle industrie e la formazione delle università o corporazioni delle arti.
All’arte dei fabbri, che fu la prima ed ebbe le sue trenta e più officine, si aggiunsero – e la superarono – quella della carta, della lana, della concia delle pelli, oltre le minori.
S’ ignora quando e per quali favorevoli circostnze la lavorazione della carta bambagina abbia avuto inizio a Fabriano; i primi documenti degli ultimi decenni del secolo XIII, ce la mostrano già perfezionata e fiorente, onde non è arrischiato ammettere che le origini siano state molto remote. È verisimile che Fabriano sia stata la prima città in Italia , se non in Europa, che abbia lavorato la carta di lino; e certo che i fabrianesi inventarono la colla gelatinosa e usarono per primi le marche in filigrana con cui distinguere le ditte fabbricanti; incontestata la gloria di aver impiantato fabbriche di carta in molte città d’Italia e aver diffuso le sue carte, oltre che in Italia, in molte parti d’Europa e nel Levante. Le industrie della lana e delle pelli sono meno gloriose e restano un ricordo del passato; ma anch’esse ebbero, negli stessi secoli, floridezza e fama per finezza e copia di produzione.
Tutte queste arti si costituirono in Università e corporazioni ed acquistarono un tale sopravvento che in esse soltanto si concentrò il governo del Comune, i cui consigli e i cui magistrati ne furono diretta emanazione.
In seguito a ripetuti privilegi imperiali, il Comune acquistò legalmente diritti sovrani, confermati poi da pontefici e dai loro legati.
Fin dal principio del XIII secolo si sostituirono ai consoli, eletti in seno ai boni homines, un podestà forestiero per l’amministrazione della giustizia il quale durava in carica sei mesi. Nell’elenco dei podestà figurano i nomi di personaggi appartenenti alle famiglie più illustri d’Italia (Orsini, Piccolomini, Altieri, Montefeltro, Baglioni…).
La ricchezza dei cittadini fabrianesi nel secolo XIII, appare chiara dai mutui concessi al Comune di Roccacontrada, come risulta da documenti dell’archivio arceviese.