Visita teatralizzata all’Abbazia di Montelabate (Perugia)

Martedì 8 ottobre 2013, ore 16. E’ richiesta una donazione €3 per l’ospedale pediatrico Gaslini.Per prenotazioni: GAL. ore ufficio 075.9880682

 

L’Abbazia di Montelabate, della Fondazione Gerolamo Gaslini, ha riaperto al pubblico solo in alcune date che hanno avuto un enorme consenso di pubblico.
Nelle visite “teatralizzate”, realizzate dall’associazione “Ecomuseo del fiume e della torre” (Pretola- Pg), un attore nelle vesti di Abate ha intrattenuto i presenti guidandoli alla visita dell’Abbazia.


L’arrivo a Montelabate

Nel cuore della campagna umbra, tra Ramazzano e Casa del Diavolo a circa 20 km da Perugia, percorrendo qualche chilometro tra dolci colline coperte di verde, si scorge l’Abbazia di S. Maria di Valdiponte in Corbiniano, detta di Montelabate.
E’ uno dei più importanti monumenti del contado perugino a dominio della Valle Tiberina, senz’altro una delle più belle architetture medievali di questo territorio.
La sua imponenza è suggestiva e ti meraviglia il fatto che sia ancora lì, a testimoniare antichi valori, superando le intemperie dei secoli vissuti. Quando ti trovi lassù puoi ammirare dal belvedere la varietà di verde delle colline e della piana sottostante.

L’ingresso nell’Abbazia, il chiostro

Suona la campana alla destra del grande portone d’ingresso, che si apre, ed un Abate ti saluta ed inizia a raccontare la storia dell’Abbazia le cui origini sembrano risalire ancor prima del IX secolo.
Mostra la copia della Bolla Pontificia del 969 di Papa Giovanni XIII (l’originale è conservata presso l’Archivio di Stato di Perugia) che dà ordine all’Abate Pietro di ristrutturare il monastero e farvi crescere un nuovo cenacolo benedettino.
Racconta che nell’alto medioevo i monaci benedettini fedeli alla regola “Ora et labora” qui pregavano e lavoravano, dominavano sui territori recuperati dalla caduta dell’impero Romano, i cui abitanti lavorando si mettevano sotto la loro protezione.
L’Abate ci fa entrare, provi un senso di timore e smarrimento ma ti alleggerisce l’ariosità del grande chiostro delimitato da archi e colonne ognuna diversa dall’altra; ed una dolce armonia medievale ci accompagna mentre senti la “presenza” silenziosa degli antichi monaci benedettini.
Innalzi gli occhi per capire da dove proviene il suono: una giovane suona la viella e un giovane il salterello, il tuo sguardo è attratto dalle stupende volte a crociera del soffitto.

La Sala del Capitolo, la cripta

Seguendo l’Abate ti inoltri con passi malfermi sull’antico pavimento un po’ sconnesso, noti sui volti dei partecipanti meraviglia e stupore suscitati da quel luogo così affascinante; tutti insieme si passa nella Sala del Capitolo, luogo di preghiera, di relazione sull’andamento del lavoro della comunità, di accusa personale dei peccati e anche di richiesta di consiglio ai confratelli, da parte dell’abate, in occasione di situazioni particolari da affrontare e decisioni da prendere.
Su una parete l’affresco della Crocifissione, attribuita a Meo de Siena, e poi la Vergine in trono con bambino ai cui piedi è raffigurato l’abate Trasmondo (1267/1285) eletto dalla famiglia Valpontense e confermato dalla Santa Sede nel 1266. Lo stesso nell’anno 1267 fece gettare le fondamenta ad un solido ed elevato nolario (campanile) che portò a suo compimento nel 1269 trasformandolo in una vera e propria torre di difesa, essendo, tra l’altro, un terzo più alto di quello che vediamo oggi.
In un altro dipinto è effigiato S. Benedetto che ha in mano il libro della Regola monastica.
Entriamo nella Cripta, la parte più antica del complesso, caratterizzata da colonne sormontate da archi e volte a crociera, anche lì una soave melodia ci accompagna, per un attimo l’illusione di trovarsi realmente in quell’epoca.

La chiesa, la cantina

Usciamo fuori per raggiungere la chiesa in stile romanico-gotico, la facciata ha un portale ad ogiva, ad una navata, sormontato da un grande rosone. All’interno appare spoglia ma ammiriamo sulla sinistra un dipinto che raffigura la Vergine in trono col bambino tra S. Antonio e S. Bernardino, ai suoi piedi, tra S.Rocco e S. Sebastiano è collocato il popolo in preghiera.
A destra, un altro affresco rappresenta la crocifissione con la Vergine e S. Giovanni Battista, al di sotto dei quali sono raffigurati S. Sebastiano e S. Rocco, protettori contro la peste. Il primo affesco è attribuibile alla scuola di Fiorenzo di Lorenzo (1492), l’altro a quella di Bartolomeo Caporali, entrambi vicini all’ambiente artistico della bottega del Perugino e del Pinturicchio.
Siamo usciti dalla chiesa al suono e al canto di una laude a Maria.
Concludiamo la visita nella cantina; i monaci mangiavano solo i prodotti da loro coltivati e ogni abate si vantava: “nella mia abbazia c’è il vino più buono che ci sia”.
A questo punto i musicisti ci hanno fatto ascoltare un passo dai “Carmina Burana” dal titolo “Bonus vinus et generosus”.
Il suono di una zampogna ha accompagnato la degustazione di prodotti tipici del luogo, il buon olio, il formaggio e il vino delle cantine.