1° Itinerario

 

Percorrendo l’antica strada costruita dai Longobardi (in alternativa alla già esistente via Cassia), la strada
dell’Alpe di Serra, che da Chiusi giungeva sul crinale del colle dove sorge Città della Pieve, subito appare evidente l’intrecciarsi di elementi architettonici medievali e settecenteschi: in primo piano la Chiesa di Sant’Agostino, costruita nella seconda metà del 1200, in direzione nord, fuori della Porta Fiorentina, dall’ ordine degli Agostiniani e poi modificata nella prima metà del 1700 con l’aggiunta del campanile; sulla destra la Torre del Vescovo, il torrione di avvistamento edificato probabilmente nel 1326 e, in lontananza, il monastero di Santa Lucia, fuori della Porta Perugina, anch’esso risalente al Medioevo e poi modificato nel 1700.

Ingresso da Porta Fiorentina. Si entra nella città per la Porta Fiorentina che, come è evidente, non è terminata (infatti manca l’arco). L’attuale non è l’antica porta medievale, ma è stata costruita intorno al 1820 in omaggio al progresso ed anche per permettere l’entrata in città a mezzi di trasporto di maggiori dimensioni. Siamo in via P. Vannucci, una via larga con andamento ondulato e curvilineo dovuto probabilmente ad esigenze di tipo difensivo. Infatti nella prima società comunale esistevano due classi sociali, quella dei Cavalieri, cioè gli aristocratici che potevano permettersi l’uso del cavallo in guerra, e quella dei Pedoni, cioè i contadini inurbati che usavano l’arco e la balestra. Tra queste due classi erano frequenti gli scontri e la città, quindi, era organizzata a seconda delle esigenze difensive dei due ceti.
Via P.Vannucci si può ritenere una via dei Cavalieri che, grazie alla presenza delle curve, riuscivano ad evitare le frecce lanciate dai pedoni. Invece, a ridosso, troviamo strade strette e ad andamento frammentato, le vie dei Pedoni, dove i Cavalieri non riuscivano ad entrare. Mentre in altre città dell’Italia Centrale, con l’affermarsi della borghesia mercantile, che non va alla guerra ma assolda le truppe, l’andamento delle strade viene modificato, a Città della Pieve ciò non accade perché questa passa sotto il dominio di Perugia. E’ questo il quartiere chiamato popolarmente Casalino, termine che sta a indicare una lottizzazione di case medievali, una accanto all’altra, della stessa altezza e della stessa larghezza, costruite probabilmente nel momento in cui alcuni contadini lasciano la campagna per la città, diventando così artigiani o piccoli borghesi. Queste case presentano tutte la medesima tipologia di “lotto gotico a tre aperture”: case a due piani con tre entrate, una più stretta per l’abitazione, due per la bottega, una delle quali, in qualche caso, poteva servire da sottopassaggio; nei vicoli il lotto si riduceva a due aperture. 
 

Torre del Vescovo e cinta muraria  Delle antiche mura del XIII secolo rimangono oggi solo poche tracce tra Porta Romana e la Rocca e tra Porta Fiorentina e la Torre del Vescovo.
Il torrione è successivo alla cinta muraria, che è della metà del 1200; risale, infatti, al 1326, quando Perugia decise di costruire la Rocca e di rinforzare le difese nelle mura. L’arco, ogivale, è dunque inerente al 1300 e non al secolo precedente. All’interno c’erano dei piani in legno, dove si poggiavano le macchine belliche. Il vicolo, che conduce alla Torre, si chiama Via del Barbacane: è questo un termine militare, che sta ad indicare la scarpata posta obliquamente verso l’esterno, nella parte inferiore delle mura, allo scopo di impedire ai nemici di scalarle.  

 

Pozzo del Casalino. Costruito nel Medioevo e detto anche “Pozzo Romano”, profo
ndo trentadue metri e largo tre, serviva a garantire alla città l’approvvigionamento idrico durante gli assedi. Finito il pericolo delle invasioni, è stato chiuso alla fine del 1700 ed è stata innalzata sopra di esso una colonna poligonale in cotto, che aveva il duplice scopo di abbellirlo e di segnalare la biforcazione della strada. Imbocchiamo, alla destra del pozzo, Via S.Maria Maddalena dove, sul luogo dell’antica Chiesa di S. Egidio, fu costruita da Andrea Vici (sul lato destro della via) la Chiesa di S. Maria Maddalena. E’ detta anche “Chiesa del Suffragio”, perché in essa venivano ricordati i caduti della prima guerra mondiale. L’interno, ad una sola navata, è stato completamente trasformato nel corso del XIX secolo. Sulla parete sinistra è conservato un affresco attribuito all’artista senese Jacopo di Mino detto il Pellicciaio, proveniente dalla Chiesa di S. Maria Novella, raffigurante una Crocifissione. Questa chiesa è una testimonianza del barocchetto pievese. Nei locali adiacenti attualmente c’è la sede del terziere Casalino. Di fronte a noi la Chiesa di S. Luigi e l’ex Seminario entrambi collegati al Palazzo Vescovile, dal momento che furono costruiti nel 1700, dopo che Città della Pieve era diventata diocesi. Il seminario è stato per anni sede del liceo. La nostra attenzione è attirata da un vicolo strettissimo, il Vicolo Baciadonne. I Pievesi la ritengono la via più stretta d’Italia e deve il suo nome alla malizia e alla fantasia popolare, che la immaginava occasione di incontri amorosi. In realtà è un piccolo camminamento, che qualche volta in passato nasceva in seguito ad una lite tra proprietari di case confinanti, ai quali il Comune, esasperato, imponeva la separazione delle proprietà. Ritorniamo indietro e riprendiamo nuovamente Via P.Vannucci.
Quando Papa Clemente VIII Aldobrandini nel 1600 elesse Città della Pieve a Diocesi, fu costruito un Palazzo Vescovile, che, più volte modificato nel tempo, presenta oggi un’elegante facciata frutto di una finzione architettonica e pittorica utilizzata per mascherare i materiali poveri usati per la costruzione. Al suo interno troviamo uno scalone monumentale, di gusto vanvitelliano, che accede al piano nobile. Il tutto è opera dell’ architetto Andrea Vici. Chiesa di Santa Maria dei Bianchi. La chiesa già esisteva nel XIV secolo con l’annesso ospedale, poi “Ospizio dei Bianchi”, inteso come ricovero per i viandanti e i poveri che arrivavano in città. A partire dagli inizi del XVIII secolo si cominciò a costruire una nuova chiesa. Nel 1772 si iniziò la facciata, che fu portata a termine nel 1790 da Andrea Vici e che risente sia del gusto rococò sia del gusto neoclassico. All’interno vi sono affreschi e tele del pittore Giovanni Miselli.
Città della Pieve, oratorio dei Bianchi  Antonio Circignani vi ha raffigurato “La Presentazione di Gesù al Tempio”. La chiesa è una delle tre parrocchie della città. Attaccato alla chiesa c’è L’Oratorio di Santa Maria dei Bianchi. Ha la facciata in laterizio; qui si conserva “l’Adorazione dei Magi” del Perugino ritornato all’antico splendore cromatico dopo il restauro del 1984. È forse l’affresco più ricco e affollato del Maestro pievese, con un vasto paesaggio, dove si muovono i personaggi come in un grande corteo cavalleresco, a rappresentare un mondo irreale del tutto contrastante con la feroce realtà storica del tempo a Castel della Pieve. Questo bassorilievo è come una novella delle corti rinascimentali, in cui il mondo antico e moderno affermano la loro continuità ideale; a dimostrazione di ciò sta il fatto che i re Magi indossano la toga romana e vesti ornate di damasco, San Giuseppe ricorda un senatore romano, la capanna rimanda ad un tempio classico, al centro ci sono i pastori con le pecore che rappresentano l’Arcadia virgiliana. Tutta la scena è inserita in un paesaggio primaverile, che contrasta con la realtà storica della nascita di Cristo, ma, come la primavera è la stagione in cui la natura rinasce, così la nascita di Cristo segna la rigenerazione del mondo. Sullo sfondo il paesaggio ricorda il panorama di Città della Pieve verso il lago Trasimeno e la Val di Chiana, non è però un paesaggio realistico, ma rielaborato e tradotto su un piano ideale alla ricerca della perfezione. L’affresco può in conclusione essere definito “pittura di storia” nel senso che deve fornire insegnamenti (ecco perché il tempio classico e le figure centrali), ma anche dilettare gli occhi (a questo scopo le figurine di contorno). Proseguendo la nostra camminata, incontriamo, poco più avanti rispetto all’Oratorio, dalla parte destra, Palazzo Giorgi-Taccini. Fu costruito nel 1820 dall’architetto Giovanni Santini che già aveva progettato il Teatro degli Avvaloranti ed il campanile di Santa Maria dei Servi. L’edificio presenta una facciata molto lunga rispetto alla sua altezza, ma ciò fu dettato dall’esigenza di non togliere luce all’edificio antistante, dove si trova l’affresco del Perugino. L’architetto è riuscito ugualmente a dare un’idea di armonia e di proporzione grazie alla sua abilità nel mescolare i toni cromatici del travertino e dell’intonaco, oggi però quasi del tutto scomparso. Subito dopo troviamo Casa Canestrelli. E’ un’abitazione del 1300 con la tipica struttura del lotto gotico a tre aperture, che in questo edificio è ancora possibile leggere perfettamente.
Più avanti colpisce l’attenzione la lapide in omaggio al Perugino. Fu apposta su una casa ottocentesca il 15 luglio 1894 dalla Società di Mutuo Soccorso degli Artieri ed è di particolare interesse, perché, anche se il linguaggio è retorico, rivaluta la figura dell’artista pievese di fronte a Raffaello: infatti la critica romantica esaltava il genio di quest’ultimo, che, allievo del Perugino, insegnava al maestro; in realtà soltanto dal 1504 Raffaello si è staccato da lui per guardare a Leonardo e Michelangelo.
Continuando a percorrere via P. Vannucci, giungiamo all’incrocio con via Fiorenzuola, dove la strada si restringe, e ciò dimostra che probabilmente la via, in passato, finiva qui. Il tipo di muratura usato negli edifici è precedente all’uso del laterizio; si può quindi ipotizzare che a questa altezza, intorno al 1100, arrivasse la seconda cinta muraria. Dopo tale data, la città si è cominciata ad espandere sia per l’impaludamento della valle sia per lo sviluppo dei commerci con il Nord. Quindi la strada è stata prolungata ed allargata fino alle mura attuali.
Più avanti spiccano, su entrambi i lati della via, alcuni edifici in mattone moderno. Questi hanno sostituito gli antichi, distrutti dai Tedeschi per rallentare l’avanzata degli Inglesi, alla fine della II guerra mondiale. Arriviamo in Piazza Plebiscito. Il nome allude al Plebiscito fatto in occasione dell’Unità d’Italia; infatti la Piazza nell’antichità si chiamava “Platea comunitatis” e proprio con questo nome è citata nel documento in cui si parla della casa del Perugino. Qui la Via dell’Alpe di Serra incrocia la Via Pievaiola e, prima di continuare la nostra passeggiata, ci fermiamo ad osservare la piazza.
Siamo nel punto nodale della città, di fronte all’antica Pieve, nucleo generatore del centro e, dal 1600, Cattedrale.

Cattedrale dei Santi Gervasio e Protasio. La chiesa, edificata probabilmente nell’VIII secolo dopo Cristo, è la più antica del paese ed è dedicata ai Santi Gervasio e Protasio, martiri della Milano longobarda. La facciata, costruita in pietra e laterizio, testimonia le continue modificazioni subite nel corso dei secoli, le più rilevanti delle quali avvennero intorno al 1600, quando la chiesa divenne prima Collegiata e poi Cattedrale.
Nel 1738 furono iniziati i lavori per la costruzione dell’elegante campanile, che richiesero molti anni e molto denaro. All’interno la chiesa è ricca di opere di grandi artisti, tra cui Pietro Perugino, Antonio Circignani detto il Pomarancio, Salvio Savini, Giannicola di Paolo ecc. Al di sotto dell’abside rimangono resti di un’antica costruzione, alla quale si accede attraverso l’Ufficio Turistico (situato nella piazza stessa), ritenuta per molti anni una cripta, ma più verosimilmente resti di un edificio civile, che, all’epoca della sua edificazione, era esterno alla chiesa (che, infatti, era più piccola di quella attuale). Si tratta, probabilmente, della Loggia del Palazzo dei Consoli, costruito a Città della Pieve nel periodo della libertà comunale e poi fatto abbattere, quando, nel 1250, dopo la morte di Federico Il, Perugia sottomise nuovamente la città ribelle.
 
Nei locali adiacenti alla sacrestia si trova il Museo Diocesano. Esso contiene materiale di diverse epoche storiche e di diversa provenienza. Si tratta di urne cinerarie etrusche, oreficerie, affreschi ecc, provenienti sia dalla cattedrale che da altre chiese del territorio.
Torre Civica. Eretta nel XII secolo, fu successivamente sopraelevata, tra il XIV e il XV secolo, con l’uso del laterizio. E’ di proprietà comunale. Sul lato sinistro della piazza troviamo
Palazzo Orlandi. Fu edificato probabilmente nel XIII secolo, ma oggi dell’antico Palazzo restano solo i fondi, una scala a chiocciola in pietra ed una sala; infatti fu modificato una prima volta nel 1896 e successivamente nel 1915. Al suo fianco c’è Palazzo Cartoni. L’edificio fu progettato nel 1845 dall’architetto Giovanni Santini, direttore dell’Accademia delle Belle Arti di Perugia; nel suo interno troviamo, al piano nobile, affreschi dei fratelli Ponti, al piano superiore decorazioni del pittore pievese Filiberto Cappannini.
Casa del Perugino. Nel 1919 Mons. Fiorenzo Canuti, noto studioso del Perugino, ritrovò un documento, in cui si affermava che i Vannucci abitavano tra la Piazza Pubblica e l’attuale via Roma (anticamente Via del Vecciano). Della casa originaria non rimangono tracce, ma la sua posizione centrale dice che la famiglia del Perugino era tra le più importanti del paese, infatti il padre era Priore. Sulla facciata è stata apposta nel 1923, quarto centenario della morte dell’artista, una lapide, che contiene una imprecisione: vi si legge, infatti, che il soprannome di Perugino gli fu dato da Perugia; in realtà furono i Fiorentini a chiamarlo così, perché non conoscevano Castel della Pieve, in quanto fuori del loro territorio. Riprendiamo a percorrere la Via  dell’Alpe di Serra, che non sfonda davanti alla chiesa, ma segue l’andamento del nucleo originario della città, girandogli intorno. La via scende nell’odierna Via Roma, in passato Via del Vecciano (Vetus lanua = Vecchia Porta), termine che allude ad una porta precedente rispetto a quella attuale, che guardava a Nord-Est, verso Perugia, ed era posizionata alla fine del castrum longobardo; la porta attuale, invece, guarda verso Sud, cioè verso Roma e, come quella fiorentina, è stata rimodernata dopo il “Concordato Idraulico”. Scendendo lungo via Roma incontriamo, sulla destra, Palazzo Bandini. Intorno alla metà del 1400, nel periodo delle Signorie, a Castel della Pieve avvennero degli scontri tra le varie famiglie fino a quando quella dei Bandini riuscì, con il consenso di Perugia, a prendere il potere su Castel della Pieve. Famiglia di origine orvietano-senese, edificò un palazzo signorile, che si affaccia verso la Piazza Pubblica, nell’odierna Via Roma, in prossimità di Porta Romana, che collegava la città con Salci, possedimento della famiglia. Questo edificio, progettato da Baldassarre Peruzzi, che aveva già costruito per i Bandini la fortezza di Fabro, presenta tre piani, uno terreno e due superiori, sottolineati dai marcapiani in pietra serena. II palazzo è stato costruito su una base di precedenti edifici uniti insieme e coperti per mezzo dell’intonaco. In seguito è stato abbandonato e diviso in varie proprietà. Il portale, a tutto sesto, si ispira all’architettura classica, infatti ricorda un arco trionfale.
E’ il più antico di Città della Pieve ed in esso si notano delle figure geometriche, in una ricerca d i precisione e perfezione tipica del Rinascimento; sono delle forme circolari, in quanto il cerchio veniva considerato la figura perfetta. Il portale è stato recentemente restaurato. Subito dopo incontriamo altri edifici moderni a ulteriore testimonianza delle distruzioni dell’ultima guerra. Al di fuori della porta, sulla destra la Chiesa del Beato Giacomo Villa. Fu edificata a partire dal 1400 e poi definita nel corso del 1600; il suo interno ha, infatti, una forma ovoidale tipica dell’architettura barocca, un’architettura molto più complessa rispetto a quella rinascimentale. Dietro all’altare maggiore, troviamo una bella tela della fine del 1700 dedicata al Beato, nella quale si nota una ricostruzione non realistica di Città della Pieve. Probabilmente è una rappresentazione del paese nel periodo in cui visse il Beato Giacomo, infatti si notano la Torre Civica e la Torre Verri, ma non c’è il campanile accanto alla Cattedrale. Sotto alla tela, in una grande urna, che ha le staffe per essere portata in processione, c’è il corpo del Santo imbalsamato. 
La figura del Beato Giacomo Villa è ancora oggi molto amata dalla cultura popolare di Città della Pieve e sulla sua morte è nata una leggenda che ancora oggi si racconta… La leggenda del Beato Giacomo Villa. Giacomo Villa, uomo di grande santità, nacque in Castel della Pieve alla fine del 1200. Prima della sua nascita la mamma sognò un bambino che teneva sulle spalle una chiesa cadente; un santo perugino le rivelò che avrebbe partorito un bambino che sarebbe diventato un grande santo e che avrebbe rifatto una chiesa nel suo paese. Il giorno prima di partorire la mamma ebbe una nuova visione: un figlio rosso tutto lacerato. 
L’interpretazione fu che il suo bambino sarebbe dovuto rimanere puro per tutta la vita e, per difendere la chiesa, morire di morte violenta. Il bambino fu chiamato Giacomo, divenne un famoso letterato, ma si dedicò soprattutto agli ospedali e alle opere di carità. Fuori della porta del Vecciano, a Città della Pieve, c’era una chiesa mezza diroccata, che serviva da riparo e albergo per i poveri di passaggio.
Giacomo, di tasca propria, ricostruì questa chiesa che sarebbe diventata un ospedale e per molti anni si dedicò alle cure e all’assistenza dei poveri e degli infermi. Un uomo molto potente, di Chiusi, però, usurpò tutti i beni lasciati dai paesani all’ospedale. Giacomo promosse una causa contro di lui e la vinse, ma l’usurpatore si vendicò facendolo uccidere da due sicari, che gettarono il cadavere in una fossa, ricoprendolo poi di rami e di rovi. Non vedendolo tornare a Città della Pieve, tutta la popolazione lo cercò invano fino a quando una pastorella, nel mese di gennaio, passando vicino al fosso, vide un albero tutto fiorito e fiori anche sotto di esso. Stupita che in una stagione così fredda ci fossero tanti fiori, cominciò a togliere i rami e i rovi fioriti e scoprì un cadavere. Impaurita, cercò di fuggire, ma una voce la fermò dicendo: “Sono il prete Giacomo, ucciso perché difensore della Chiesa, non avere paura!”
Il cadavere fu tolto dalla fossa e furono informati il Podestà ed il Vescovo di Chiusi. La notizia poi si diffuse in tutto il territorio fino a Perugia e a Chiusi; Castel della Pieve e Perugia cominciarono a disputarsi il corpo del Santo.
Non trovandosi d’accordo sul luogo della sepoltura, chiesero consiglio ad un pio uomo di legge, il quale impose di costruire un carro nuovo, di attaccarvi due tori, i più focosi e i più selvaggi, di mettere la salma sul carro, ben legata, e lasciare che gli animali andassero dove volevano. I tori si diressero verso Castel della Pieve, fermandosi davanti all’ospedale dove Giacomo si dedicava ai poveri. Tutti convennero allora che, appena fuori la porta del Vecciano, fosse costruita una chiesa dove, sotto l’altare, fosse sepolto Giacomo.
Nel 1458, il Beato apparve in sogno a molti abitanti di Città della Pieve dicendo che togliessero il suo corpo dalla tomba: così fu fatto e fu trovato in carne ed ossa, con le ferite sul capo ben visibili, con la barba e i capelli lunghi e bello di aspetto. Poco più avanti sulla sinistra la Chiesa di Santa Maria dei Servi. Presenta una facciata due-trecentesca in laterizio con una porta decentrata, sostituita nel 1500 da una porta in pietra dolce, soggetta a sgretolarsi con il passare del tempo; il campanile è del 1840 ed è opera di Giovanni Santini.
Accanto, dove dal 1912 c’è l’ospedale civile, c’era il convento dei Servi di Maria, divenuto di proprietà comunale dopo che, con l’Unità di Italia, molto ordini monastici sono stati soppressi.
La chiesa è pericolante e quindi non è consentita la visita; è previsto però il restauro Questa, originaria del 1200, era fatta ad aula, con il tetto a capriate, con l’abside quadrata e la crociera gotica. Su di essa, nel 1600, è stata costruita la chiesa barocca, ma, in occasione di tali lavori, venne distrutta la Cappella della Madonna della Stella (sulla destra, appena si entra) e furono distrutti, anche i due affreschi che il Perugino aveva dipinto nel 1517.
E’ una pittura molto drammatica, che raffigura Cristo deposto dalla croce, Maria svenuta e sostenuta dalle altre donne e gli Apostoli in meditazione sul messaggio di Cristo. Sull’altro lato c’è una Pietà del Cristo Morto; al centro di questa c’è una nicchia vuota, che, in passato, conteneva una scultura dipinta, attualmente sull’altare maggiore. In questi affreschi si nota una pennellata molto veloce, come se l’artista, giunto ormai alla vecchiaia e preso da un impeto religioso, temesse di non fare in tempo a terminare la sua opera.
Andando avanti la strada medioevale continua, sempre in direzione Sud; a due chilometri e mezzo si trova un eremo francescano, Santa Maria degli Angeli, e poi il borgo di Salci, luogo di mercati, ultimo borgo del territorio di Città della Pieve, prima di entrare in quello di Orvieto.
La strada attuale venne costruita nel 1834, a seguito della bonifica, ed è una modernizzazione del percorso medioevale.