Intervista a Tommaso di Carpegna Falconieri

Da quanto tempo stava lavorando al libro ?

La scrittura di Medioevo militante mi ha impegnato dal 2008 al 2011. L’idea di scrivere dei nessi tra il medioevo e la contemporaneità risale però a tempi più lontani: avevo già cominciato ad occuparmene in alcune recensioni nel corso degli anni Novanta e in un paio di articoli pubblicati nei primi anni del nuovo millennio sulla rivista Quaderni medievali, che ora purtroppo tace, ma che dalla sua prima apparizione, negli anni Settanta, fino agli ultimi suoi numeri (2005), dedicò sempre una sua sezione a ciò che intitolava «L’Altro Medioevo», ovvero al medioevo dei non specialisti, quello che ci raggiunge soprattutto attraverso i media. Direi pertanto che la mia scelta di scrivere del medievalismo contemporaneo ha una genesi lunga. Del resto, anche chi, come me, si è specializzato nello studio e nella ricerca del medioevo storico, ha spesso un iniziale retroterra non molto diverso da quello di tante altre persone. Si tratta di quella sorta di imprinting che ci proviene dall’idea di medioevo che ci aveva colpito e affascinato quando eravamo ancora bambini. Lo stesso Jacques Le Goff ha affermato di «aver scoperto il medioevo» a dodici anni, leggendo Walter Scott (J. Le Goff, Alla ricerca del medioevo, Roma-Bari 2003, p. 3). Con questa prima assimilazione dell’idea e con le proposte successive che giungono, per esempio, attraverso il cinema, lo studioso, se vuole interagire con coloro che non sono specialisti, deve continuare a fare i conti anche in seguito, per non correre il rischio di risultare incomprensibile ai più. Per questo, ritengo sia meglio evitare di irrigidirsi nella netta contrapposizione tra un «medioevo vero» e un «medioevo immaginato», che non coincide con la nostra comune percezione e rappresentazione del periodo, nella quale queste due categorie sono molto permeate l’una dall’altra, mentre è molto utile ragionare sulle categorie di «storia medievale» e di «medievalismo» che sono, effettivamente, differenti, e che debbono costituire entrambe oggetto di studio da parte della medievistica. Oggi condivido con diversi altri ricercatori questa predisposizione a comprendere il significato del medioevo storico anche attraverso l’analisi della sua continua reinterpretazione nella cultura che ci è più vicina. Per esempio, ho partecipato con soddisfazione a un gruppo internazionale di ricerca sul medievalismo diretto da Patrick Geary (UCLA, ora Princeton) e da Gábor Klaniczay (Central European University), che aveva come sede principale il prestigioso Collegium Budapest che oggi, a causa delle difficoltà economiche della Repubblica d’Ungheria, è stato chiuso.

– Ha incontrato particolari difficoltà nel reperire il materiale ?

Una tra le principali difficoltà che si celano dietro a un libro come Medioevo militante non risiede tanto nel reperimento del materiale – perché esso è senza dubbio sovrabbondante – ma piuttosto nella necessità di organizzarlo secondo principi logici. Come dire: il medievalismo, anche quello politico del quale maggiormente si occupa il libro, è un dato ben comprensibile a molti, perché ognuno di noi si ritrova continuamente di fronte le molte «idee di medioevo» con cui interagire; tuttavia, dare un senso e un ordine ai dati è impresa impegnativa. Scrivendo un libro che parla del medievalismo, mi sono trovato ad affrontare problemi di metodo differenti rispetto a quelli solitamente incrociati dalla medievistica. Renato Bordone, attraverso la metafora della damigella di Shalott, condannata a non poter rimirare Camelot altrimenti che attraverso uno specchio, diede una bella descrizione del tipo di fonti che si trova ad analizzare uno studioso di medievalismo, il quale non studia l’immagine originaria, ma il suo riflesso nello specchio: «Si tratta di uno specchio, questo non è il medioevo delle nostre fonti che invece sta al di fuori di quella finestra. Ma noi lo sappiamo benissimo e non è qui che cercheremo la realtà dell’età di mezzo. Quella che cerchiamo in questo specchio è un’altra storia» (R. Bordone, Lo specchio di Shalott, Napoli 1993, p. 14).

– Oltre agli elogi di un insigne medievalista come Franco Cardini, il volume ha ricevuto subito diverse e molto lusinghiere recensioni  sia da parte della stampa di sinistra che di quella di destra. Basti pensare ai due estremi del “Secolo d’Italia” e del “Fatto quotidiano”. Inoltre, la pubblicazione dell’opera viene annunciata anche su blog -per esempio http://materialismostorico.blogspot.com – di intellettuali dichiaratamente marxisti e comunisti. Queste convergenze tra destra e sinistra sono state evidenziate bene nella recensione di Matteo Sacchi apparsa sul “Giornale” del 23-11-11. Evidentemente, lei ha toccato un argomento che scuote la sensibilità collettiva, indipendentemente dall’ideologia professata. Essere riuscito nell’improba impresa di mettere d’accordo schieramenti tradizionalmente contrapposti è un successo non marginale, quasi un prodigio. Non trova ?

Ritengo che il tema del medievalismo sia una delle chiavi per comprendere la contemporaneità. Gli schieramenti politici sono tradizionalmente contrapposti, ma forse Medioevo militante li può rendere maggiormente consapevoli dell’importanza di questo elemento per la loro definizione culturale, poiché in questo libro tratto degli usi attuali del medioevo presentando una casistica ampia, che comprende tanto le culture conservatrici e reazionarie, quanto quelle progressiste. «Medioevo» è un concetto con il quale tutti si trovano a dover fare i conti, sia quando viene presentato come «storia medievale», sia quando viene proposto come «medievalismo».

Tuttavia, non so se sono riuscito a convincere il senatore Luigi Ramponi, che lo scorso 13 settembre ha tenuto in Parlamento un discorso sull’assoluta inutilità della ricerca sul medioevo. A lui vorrei rispondere citando una frase scritta da Giuseppe Mazzini nel 1826 e recentemente riproposta da Paolo Golinelli (Medioevo romantico, Milano 2011, p. 162) :«Tali furono i tempi, nei quali Dante menò la dolorosa sua vita, tempi fecondi di gravi insegnamenti a chi dentro vi guardi con occhio filosofico, tempi, dallo studio dei quali non può venir che salute all’Italia». Il medioevo non è importante solo come periodo storico in sé e per sé – e lo è di certo -, ma anche e soprattutto perché il suo continuo riaffacciarsi nella cultura contemporanea, attraverso le nostre rappresentazioni e reinterpretazioni, lo rendono sempre attuale. Limitandoci all’Italia, basterà ricordare che la nostra moneta metallica di minor valore – quella da un centesimo – rappresenta oggi il federiciano Castel del Monte, e quella di maggior valore – i due euro – rappresenta Dante Alighieri. E si potrebbe aggiungere, tanto per fare altri esempi che ci sono molto vicini, che il più vecchio partito oggi in Italia, la Lega Nord, ha una propria mitologia che si serve della Lega lombarda, del Carroccio, di Pontida e di Legnano; che il tradizionalismo cattolico plaude all’idea di un incontaminato e originario «medioevo cristiano», che i movimenti della destra postfascista coltivano il mito della cavalleria, o ancora che Fabrizio De André, forse l’autore più amato degli ultimi decenni, si considerava un epigono di François Villon, e che l’ultimo italiano ad aver ricevuto un Premio Nobel, Dario Fo, nel 1997 è stato insignito di questa altissima onorificenza con la seguente motivazione: «Nella tradizione dei giullari medievali fustiga il potere e restituisce la dignità agli umiliati».   Leggi per intero l’ intervista Tommaso di Carpegna

 

Medioevo militante.

La politica di oggi alle presse con barbari e crociati.

di Tommaso Di Carpegna Falconieri

Einaudi, 2011, pag. 341, euro 19,00