In occasione delle festività per il patrono e protomartire della diocesi, San Ponziano, verrà pubblicato il messale più antico dell’Umbria, quello di Sant’Eutizio. Pubblichiamo di seguito, un testo di Mons. Giampiero Ceccarelli, cancelliere arcivescovile e vicario per la tutela dei Beni Ecclesiastici, su quello che è lo scritto e quali sono le sue peculiarità.
Lo scriptorium dell’Abbazia di Sant’Eutizio è una delle istituzioni meglio studiate tra quelle che, nell’Italia centrale, produssero manoscritti. Fondamentali gli studi di Pietro Pirri e di Paola Supino Martini, che hanno profuso molte energie nell’analisi dei codici eutiziani conservati nella Biblioteca Vallicelliana di Roma. Ricerche sporadiche e rinvenimenti occasionali hanno allargato di molto la conoscenza sulla produzione del centro culturale della Valle Castoriana. I campi di indagine che il materiale offre sono molto vasti: quello paleografico, nel senso classico del termine; quello musicale, nell’indagare i primi passi della nascente notazione gregoriana; quello linguistico, da Sant’Eutizio proviene infatti uno dei più antichi esempi di volgare umbro; e, infine, quello dell’arte in miniatura. IlCodice Vallicelliano B 8 risale alla seconda metà dell’XI secolo. Ci trasmette la tradizione eucologica del Sacramentario Gelasiano, cioè le orazioni di Papa Gelasio I (492-496), e la tradizione romana riconducibile a Papa Gregorio Magno (590-604). Per queste sue caratteristiche il B 8 è stato molto apprezzato dai liturgisti, a partire dal XVII secolo. Una particolare attenzione gli riservò il Cardinale Tomasi, celebre studioso del XVIII secolo. Il testo, scritto su due colonne, è redatto in una elegante minuscola romanesca, con le iniziali in una non meno gradevole onciale, sempre di gusto romano, Un altro elemento di interesse è la sottoscrizione del copista che si presenta nella c. 171r come “scriptor Ubertus infelix“. Una nota obituaria presente nel Vallicelliano C 6 alla c. 186r ci fornisce di lui questo breve profilo: “Ubertus presbyter atque monaschus nostre congregationis atque abbas” ovvero “Uberto presbitero e monaco della nostra congregazione, e abbate“. La felice coincidenza che l’attuale Papa abbia voluto assumere il nome di Benedetto, in ossequio al patrono d’Europa, evoca la preghiera, di cui la liturgia è naturale espressione, e l’operosità dei monasteri dove le antiche fonti vennero copiate e trasmesse ai posteri. E’ quindi a Benedetto XVI che viene dedicata l’edizione a stampa del manoscritto medioevale, che proviene dal più antico e celebrato luogo dei monachesimo umbro.