La storia degli spirituali
Già poco dopo la morte di San Francesco d’Assisi (1181/2-1126), l’ordine dei francescani, governato dall’ambizioso Elia da Cortona, si era già diviso in due filoni principali: I conventuali o relaxati, il cui intento era di operare una parziale revisione, in senso mitigatore, della Regola dell’ordine. Gli spirituali o zeloti o zelanti, che osservavano alla lettera la Regola ed il Testamento del Santo, desiderando mantenere l’originale stile di vita, basato sulla povertà e rinuncia di ogni privilegio, predicato da Francesco. Inoltre essi aderivano entusiasticamente alle idee e teorie del mistico calabrese Gioacchino da Fiore, arrivando ad identificare la sua “Chiesa Spirituale” (Ecclesia Spiritualis), con l’ordine francescano. Elia da Cortona, generale dell’ordine nel periodo 1221-1227 e 1232-1239, perseguì per ben quattro volte, non riuscendo comunque a impedirne la diffusione, il movimento degli spirituali, i quali, a loro volta, erano riusciti nell’intento di farlo sfiduciare una prima volta nel Maggio 1227. Il movimento degli S. ebbe una particolare popolarità in tre zone geografiche: Nelle Marche ed in Umbria, dove si sviluppò dal 1274 sotto il comando di Liberato da Macerata e successivamente, dal 1307, di Angelo Clareno da Cingoli. Nel 1294 il Papa (San) Celestino V (1294) permise loro di sottrarsi al controllo dei conventuali, denominandoli Poveri Eremiti, ma il periodo di fortuna durò pochissimo: già Papa Bonifacio VIII (1294-1303) tolse ogni loro privilegio e nel 1317 furono scomunicati da Papa Giovanni XXII (1316-1334), il grande nemico del movimento e per gli S. la perfetta impersonificazione dell’Anticristo. Più tardi essi costituirono la base del movimento dei Fraticelli. Nella Francia meridionale, comandati da Pietro di Giovanni (Pierre Jean) Olivi fino al 1298, essi furono perseguitati dai conventuali. Successivamente, per intercessione del medico spagnolo Arnaldo di Villanova (o di Villanueva) presso il re di Napoli Carlo II d’Angiò (o forse suo figlio Roberto) e presso il Papa Clemente V (1305-1314), si cercò un’intermediazione tra il generale dell’ordine, Gundisalvo di Valleboa e i capi S., Raymond Gaufredi, Guy de Mirepoix, Bartolomeo Sicardi e Ubertino da Casale. Si ottennero alcune concessioni, ma alla morte di Clemente nel 1314 ed alla successiva elezione nel 1316 proprio del mortale nemico Giovanni XXII, la situazione precipitò: il papa fece imprigionare i capi del movimento e torturare 25 S. da parte dell’Inquisizione. Quattro di loro, che non riconobbero l’autorità papale sul movimento, furono bruciati sul rogo nel 1318. In Toscana i S. apparvero nel 1309, ma solo verso il 1312 la tensione nella regione tra conventuali e S. arrivò ai massimi livelli e una cinquantina di essi decise di emigrare in Sicilia, dove furono raggiunti da altri in fuga da altre regioni d’Italia e dalla Francia meridionale. Il movimento si riorganizzò sotto le direttive di Enrico di Ceva ed il re aragonese Federico III di Sicilia (1296-1337) approvò il loro statuto, nonostante il solito Giovanni XXII li scomunicasse nel 1318 con la bolla Gloriosam ecclesiam. Furono successivamente espulsi dalla Sicilia trovando rifugio a Napoli sotto la protezione del re Roberto d’Angiò: i decreti e ammonimenti di Giovanni XXII si susseguirono ossessionanti nel 1322, 1325, 1327, 1329, 1330 e 1331, ma entro quest’ultima data essi erano già confluiti nel movimento dei Michelisti di Michele da Cesena. Gli S. che rimasero fedeli al Papa confluirono nell’ordine degli Osservanti, ma dovettero attendere ben fino al 1517, quando Papa Leone X (1513-1521) separò quest’ultimo ordine da quello dei conventuali e lo dichiarò il vero Ordine di San Francesco. Nel 1897 essi furono incorporati nell’ordine dei Frati Minori.
La storia dei fraticelli
Come si è detto precedentemente, i Fratelli della Vita Povera (o fraticelli, secondo la sprezzante definizione di Papa Giovanni XXII) derivarono dal movimento degli spirituali delle Marche e dell’Umbria, con a capo Angelo Clareno da Cingoli. Dal 1318, dopo la scomunica papale del 1317, essi si organizzarono come un ordine francescano indipendente e contestarono la legittimità dell’autorità papale di Giovanni XXII. Il Papa reagì facendo bruciare sul rogo quattro fraticelli a Marsiglia nel 1318, ma non riuscì mai a mettere le mani su Clareno: il capo dei fraticelli morì, in odore di santità, il 15 Giugno 1337, tre anni dopo la morte del Papa stesso, avvenuta nel 1334. Dopo la morte del loro fondatore, i fraticelli diventarono alquanto influenti in varie città, tra cui Firenze, dove tuttavia nel 1381 essi subirono un ordine d’espulsione: quest’ultimo creò un clima di persecuzione nella città e portò alla condanna al rogo di Fra Michele Berti da Calci nel 1389. Come già detto precedentemente, molti spirituali confluirono nel movimento dei Fraticelli dell’opinione o micheliti di Michele da Cesena, ex generale dell’ordine francescano, il quale nel 1322 aveva convocato il Capitolo Generale dell’ordine per emettere un pronunciamento a favore dell’assoluta povertà di Gesù Cristo e degli apostoli. Questo pronunciamento fu avvallato dai ministri provinciali dell’ordine di Inghilterra, Aquitania, Francia del nord e Germania meridionale, ma fece infuriare il solito Giovanni XXII, che nel 1323 con la bolla Cum inter nonnullos dichiarò eretica l’affermazione della povertà di Gesù e degli apostoli (sic!). Nel 1327, Michele fu convocato dal papa ad Avignone, dove fu violentemente ripreso per questo pronunciamento del Capitolo, ma da dove, nel 1328, temendo il peggio, fuggì via mare per mezzo di una galea inviata da Ludovico il Bavaro. I fraticelli, successivamente, s’inserirono nella lotta per l’investitura dell’imperatore tra Giovanni XXII e Ludovico il Bavaro, e Michele si schierò con i ghibellini, entrando a Roma al seguito di Ludovico in compagnia di Guglielmo di Occam, Jean de Jandun, Marsilio da Padova e Ubertino da Casale. Nello stesso 1328, Giovanni XXII scomunicò Michele e lo dichiarò decaduto come generale dell’ordine: da questa data prese avvio il movimento dei michelisti. Nei successivi cento anni la lotta dei fraticelli contro il papato ebbe momenti di gloria e di persecuzione (per esempio, la morte sul rogo di Fra Francesco da Pistoia nel 1337 semplicemente per aver ribadito il pronunciamento del Capitolo) fino all’energica campagna organizzata da Papa Martino V (1417-1431). Quest’ultimo, in pieno marasma per la lotta contro i due antipapi Clemente VIII e Benedetto XIV, trovò comunque il tempo di ordinare nel 1427-1428 un’azione repressiva a Spoleto e ad Ancona, che portò alla distruzione di 36 villaggi dei fraticelli ed alla condanna al rogo di alcuni di essi, sentenza eseguita a Fabriano alla presenza del papa stesso. L’ultimo processo a carico dei fraticelli avvenne nel 1466 con la condanna all’ergastolo di 15 religiosi.
Tratto da: www.eresie.it