Luigi IX re di Francia, muore a Tunisi durante la settima crociata. Le sue ossa devono essere riportate in Francia, ma arrivate nell’Italia del nord vengono bloccate da piccoli potenti autoctoni. Qui la storia si intreccia con quella di quattro cavalieri e uno scudiero, miracolosamente tutti a conoscenza di un segreto leggendario: il luogo in cui alcuni nobili francesi traditori nascondono la sacra Sindone. Ecco che il film diventa un suggestivo “road” medievale con episodi che si incastrano a episodi. I cavalieri arrivano a Tebe, in Grecia, e trovano la Sindone, capovolta: francesi la usavano per magie blasfeme. Tornati in Francia, gli eroi vengono uccisi perchè non si sappia mai nulla di loro. La Sindone verrà mostrata al mondo solo ottant’anni dopo. Davvero entusiasmante l’inizio, con il religioso Carlo delle Piane davanti ai marmi degli eroi, e la morte di Luigi, con tutta la sua corte che lo saluta all’ultimo momento. Ma poi il film “laborat ex mole sua” e finisce per incartarsi per le troppe piccole vicende. Ed è davvero fastidioso il compitino che Avati si impone nella rappresentazione della violenza. Il regista va apprezzato per la sua duttilità di professionista e per il tentativo di confezionare un’opera internazionale, ma, come sempre, non sa tenere la qualità per un film intero. Una sua storia non è mai perfetta: alterna momenti di grande “rappresentazione internazionale”, chiamiamola così, a cadute evitabili, che lo riportano al ruolo di cineasta italiano, coi limiti che questa definizione comporta. 

I CAVALIERI CHE FECERO L’IMPRESA (2001) di Pupi Avati
Con F.Murray Abraham, Edward Furlong, Raoul Bova, Marco Leonardi, Carlo Delle Piane, 
Sarah Maestri, Yorgo Voyagis, Edmund Purdom, Thomas Kretschmann