La genesi del film pasoliniano è comunque più complessa di quanto appaia dalla versione definitiva del film. Il testo della sceneggiatura del Decameron edito da Garzanti (e recentemente anche nei Meridiani Mondadori) è tratto da un dattiloscritto; il progetto iniziale, secondo il trattamento, del quale pure si conserva copia in un dattiloscritto, era di un film «di almeno tre ore», suddiviso in tre parti, comprendente un numero maggiore di novelle rispetto a quante ne furono elaborate in sceneggiatura. In una lettera al produttore Franco Rossellini, Pasolini illustrava in questi termini le proprie intenzioni:
«Caro Rossellini, portando a termine la lettura del Decameron e maturandolo, la mia prima idea del film si è modificata. Non si tratta più di scegliere tre, quattro o cinque novelle di ambiente napoletano, ossia di una riduzione di tutta l’opera a una parte «scelta da me»: si tratta piuttosto di scegliere il maggior numero possibile di racconti (in questa prima stesura sono 15) per dare quindi un’immagine completa e oggettiva del Decameron. Va previsto dunque un film di almeno tre ore.
Per ragioni pratiche – e per fedeltà alla prima idea ispiratrice – il gruppo più grosso di racconti restano i racconti napoletani, così che la Napoli popolare continua ad essere il tessuto connettivo del film; ma a questo gruppo centrale e ricco verranno ad aggiungersi altri racconti, ognuno dei quali rappresenta un momento di quello spirito interregionale e internazionale che caratterizza il Decameron.
Nel suo insieme il film verrà dunque ad essere una specie di affresco di tutto un mondo, tra il medioevo e l’epoca borghese: e, stilisticamente, rappresenterà un intero universo realistico.
Dal punto di vista della produzione, quindi, l’opera si presenta come più ambiziosa; perché, oltre che Napoli, ci sarà anche la «Cicilia», la «Barberia», Parigi, il mare; e quindi i castelli normanni dell’Italia meridionale, i castelli feudali della Loira, il deserto con le casbah, i «legni»: le navi che solcavano il Mediterraneo, dall’Egitto alla Spagna.
Il film, che durerà, ripeto, almeno tre ore, si dividerà anziché in due tempi, in tre, ognuno dei quali costituirà una specie di unità tematica, legata da una vicenda che sostituisca il meccanismo narrativo adottato dal Boccaccio, e rappresenti il mio libero intervento di autore».
La genesi del film pasoliniano è comunque più complessa di quanto appaia dalla versione definitiva del film. Il testo della sceneggiatura del Decameron edito da Garzanti (e recentemente anche nei Meridiani Mondadori) è tratto da un dattiloscritto; il progetto iniziale, secondo il trattamento, del quale pure si conserva copia in un dattiloscritto, era di un film «di almeno tre ore», suddiviso in tre parti, comprendente un numero maggiore di novelle rispetto a quante ne furono elaborate in sceneggiatura. In una lettera al produttore Franco Rossellini, Pasolini illustrava in questi termini le proprie intenzioni:
«Caro Rossellini, portando a termine la lettura del Decameron e maturandolo, la mia prima idea del film si è modificata. Non si tratta più di scegliere tre, quattro o cinque novelle di ambiente napoletano, ossia di una riduzione di tutta l’opera a una parte «scelta da me»: si tratta piuttosto di scegliere il maggior numero possibile di racconti (in questa prima stesura sono 15) per dare quindi un’immagine completa e oggettiva del Decameron. Va previsto dunque un film di almeno tre ore.
Per ragioni pratiche – e per fedeltà alla prima idea ispiratrice – il gruppo più grosso di racconti restano i racconti napoletani, così che la Napoli popolare continua ad essere il tessuto connettivo del film; ma a questo gruppo centrale e ricco verranno ad aggiungersi altri racconti, ognuno dei quali rappresenta un momento di quello spirito interregionale e internazionale che caratterizza il Decameron.
Nel suo insieme il film verrà dunque ad essere una specie di affresco di tutto un mondo, tra il medioevo e l’epoca borghese: e, stilisticamente, rappresenterà un intero universo realistico.
Dal punto di vista della produzione, quindi, l’opera si presenta come più ambiziosa; perché, oltre che Napoli, ci sarà anche la «Cicilia», la «Barberia», Parigi, il mare; e quindi i castelli normanni dell’Italia meridionale, i castelli feudali della Loira, il deserto con le casbah, i «legni»: le navi che solcavano il Mediterraneo, dall’Egitto alla Spagna.
Il film, che durerà, ripeto, almeno tre ore, si dividerà anziché in due tempi, in tre, ognuno dei quali costituirà una specie di unità tematica, legata da una vicenda che sostituisca il meccanismo narrativo adottato dal Boccaccio, e rappresenti il mio libero intervento di autore».