La Corsa dei Ceri, è forse tra le più antiche delle mille rievocazioni storico religiose che caratterizzano l’Umbria, se non in assoluto la più remota, manifestazione folkloristica italiana. La Festa ha svolto e svolge tutt’ora una funzione fondamentale in seno alla comunità eugubina. L’approfondimento sulle origini e sui numerosi significati, è un compito che lasciamo agli studiosi. La sua nascita è tutt’ora oscura e basti ricordare che esistono due ipotesi fondamentali: una religiosa e l’altra pagana. La prima, in maniera documentata e articolata, configura la Festa come solenne atto devozionale degli eugubini al loro Vescovo Ubaldo Baldassini, a partire dal maggio 1160 anno della Sua morte. Da allora, ogni 15 maggio, giorno della vigilia del lutto, l’offerta devozionale al Santo Patrono divenne un appuntamento fisso per il popolo eugubino, che avrebbe partecipato, in mistica processione, ad una grande “Luminaria” di candelotti di cera, percorrendo le vie della città fino al Monte Ingino (dove dall’11settembre 1194 riposa il corpo di S.Ubaldo nell’omonima Basilica).
I candelotti di cera, offerti dalle corporazioni di Arti e Mestieri, probabilmente divennero nel tempo tanto consistenti da renderne difficoltoso il trasporto e vennero sostituiti verso la fine del ‘500 con tre strutture in legno, agili e moderne, che – più volte ricostruite – sono, nella loro forma originaria, arrivate fino ai nostri giorni.
Sono rimasti invariati nel tempo anche la data ed il percorso della festa.
La seconda ipotesi, più indiziaria e ipotetica, propende per la rievocazione ancestrale della festa pagana in onore di Cerere, dea delle messi, arrivando a noi attraverso le glorie comunali e le signorie rinascimentali, il dominio pontificio e le lotte risorgimentali.
La discesa
È il preludio della Festa e già se ne assapora l’atmosfera.Custoditi nella navata destra della Basilica di Sant’Ubaldo in cima al Monte Ingino, i Ceri vengono portati in città la prima domenica di maggio, in corteo ed in posizione orizzontale.Dopo un percorso che attraversa la città e che già suscita il primo entusiasmo degli eugubini, i Ceri, accompagnati dalla Banda, dai Tamburini, da rappresentanti della Città e delle famiglie ceraiole, vengono collocati nella sala dell’Arengo nel Palazzo dei Consoli fino al 15 maggio.
La vigilia
Sono giorni di crescente attesa che culmina nella serata della vigilia del 14 maggio, quando alle ore 19 la folla che si raduna in Piazza Grande può ascoltare i potenti rintocchi del Campanone. La sera per le vie di Gubbio si fa festa, ogni occasione è buona per brindare e per familiarizzare tra eugubini e visitatori.
La mattina della Festa
5.30 Alle prime luci dell’alba i tamburini percorrono le vie del centro storico per andare a svegliare i protagonisti della Corsa: i Capitani e i Capodieci dei Ceri.
6.00 Il Campanone suona la sveglia per tutta la città; nel frattempo ai tamburini si uniscono i Capodieci, i Capocetta e i Capitani.
7.00 Tutte le gerarchie ceraiole in corteo, dopo essersi ritrovati presso la porta di Sant’Agostino, raggiungono il Cimitero Civico per deporre una corona di fiori a ricordo dei ceraioli defunti.
8.00 Si celebra la Messa presso la Chiesetta di San Francesco della Pace, (dei Muratori), in cima a Via Cavallotti, verso la quale il corteo è risalito dal Cimitero. Al termine della celebrazione religiosa avviene l’estrazione dal bussolotto, fatta da un bambino, dei nomi dei capitani (Primo e Secondo) che saranno in carica fra due anni.
La processione dei Santi
9.00 Ha inizio il corteo dei “Santi”. Le tre statuette di Sant’Ubaldo, San Giorgio e Sant’Antonio vengono portate fuori dalla Chiesa e sistemate sull’apposita barella. In testa i tamburini, la banda, il Sindaco, i due Capitani, i Capocetta, i Capodieci, il Cappellano, i ceraioli e i cittadini, accompagnano le statue dei Santi in solenne processione per le strade della città, fino alla sala maggiore (entrando da Via Gattapone) del Palazzo dei Consoli, dove già si trovano i Ceri. I ceraioli, finito il corteo si recano nelle sale inferiori in Via Baldassini, dove consumano la tradizionale colazione con il baccalà alla ceraiola.
La sfilata
10.00 La festa comincia a prendere corpo con il raduno a Porta Castello e con la distribuzione da parte delle famiglie ceraiole dei “mazzolin di fiori”, confezionati dalle monache del convento di Sant’Antonio. Aprono la sfilata i tamburini, seguiti dalle bandiere delle contrade e dei quartieri e dalla banda della città di Gubbio. Seguono a cavallo i Capitani, il trombettiere e l’alfiere, poi i rappresentanti delle istituzioni e i gruppi separati dei ceraioli, ognuno preceduto dai propri tamburini, dalle bandiere delle Famiglie, dai Capodieci dei tre Ceri. I ceraioli di Sant’Ubaldo, San Giorgio e Sant’Antonio vestiti rispettivamente con le camicie gialle, azzurre e nere, esibiscono, cantando tradizionali canzoni ceraiole e sfottendosi a vicenda, la loro baldanza e la loro forza, incitati anche dalla gente esterna al corteo, già festante e acclamante, affacciata sulle finestre degli antichi palazzi di Gubbio addobbate con gli stendardi con i colori dei Ceri e dei quartieri della città. I suonatori delle chiarine escono dalla sfilata all’altezza di Palazzo Andreoli e raggiungono Piazza Grande, per sistemarsi sul balcone del Palazzo dei Consoli, in attesa del corteo. Escono dal palazzo anche gli sbandieratori che si mettono ai lati della scalea e i figuranti in costume.
L’alzata
11.30 L’alzata dei Ceri è uno dei momenti più intensi e affascinanti della Festa. La Piazza è gremita di folla che affluisce dalle vie laterali dei Consoli e XX Settembre, non è facile riuscire a trovare una buona e sicura posizione di osservazione. Il Sindaco, preceduto dai tamburini e scortato dalla Polizia Municipale, raggiunge la scalea del Palazzo dei Consoli per incontrarsi con il Gonfaloniere e subito dopo viene raggiunto dal Vescovo. Il Primo capitano, l’Alfiere e il Trombettiere entrano a cavallo nella Piazza, girano intorno al pennone e scendono ai piedi della scalea del Palazzo dei Consoli, inizia la cerimonia dell’investitura. Il Primo Capitano riceve dalle mani del Sindaco la chiave della città e dal Vescovo la benedizione. Subito dopo, esce di corsa dal Palazzo dei Consoli il secondo Capitano con la spada sguainata in segno di saluto verso la folla. Le autorità a questo punto si sistemano sul balcone, mentre il Secondo Capitano dà il segnale ai Campanari che iniziano a suonare e ordina l’apertura completa del portone del Palazzo. Nel frattempo, le barelle in cui andranno incastrati i Ceri, vengono allineate verso il lato sud della Piazza. Spettacolare per il movimento di folla e per i colori, l’uscita di corsa dei tre Ceri, salutati dagli squilli del trombettiere, lungo la scalea del Palazzo dei Consoli, orizzontali sulle spalle dei propri ceraioli, S. Ubaldo si posiziona in Piazza Grande al centro, S. Giorgio alla sua destra, S. Antonio alla sinistra. Il montaggio dei Ceri è un’operazione importante e delicata, che si chiama “incaviamento” e fissa saldamente alla barella i Ceri, mediante un cuneo di ferro che entra nell’asola del timicchione, successivamente bagnato con l’acqua della brocca per farlo meglio aderire. Nel frattempo altri ceraioli fissano sulla sommità dei Ceri le statuette dei tre Santi. A questo punto il Secondo Capitano dà il segnale dell’alzata ai tre Capodieci saliti sulle stanghe del proprio Cero ancora in posizione orizzontale, che dopo aver fatto oscillare le brocche, le scagliano tra la folla assiepata, che corre ad accaparrarsi un pezzo di “coccio” come ricordo. Al suono del Campanone e in mezzo ad urla crescenti di incitamento, con un rapido movimento, i tre Capodieci si spingono in avanti e i ceraioli alzano rapidamente in verticale i Ceri che iniziano subito la corsa, uno dietro l’altro, aprendosi un varco tra la gente acclamante e compiendo tre “girate” (meno veloci delle “girate” della corsa serale) ossia tre giri in senso antiorario intorno al pennone centrale.
La mostra
Con l’alzata la prima parte importante della festa si è compiuta e inizia la “mostra”. I Ceri, ognuno per suo conto, passano nelle strette vie della città, fermandosi davanti alle abitazioni delle vecchie famiglie ceraiole, per poi essere adagiati in riposo in Via Savelli, su piedistalli di legno lavorato, detti “ceppi”, quattro per ogni Cero, che li tengono sollevati da terra di circa 140 cm. I piedistalli, che nel loro insieme simboleggiano le arti attinenti ai Ceri, raffigurano per Sant’Ubaldo: una torre rotonda, un castello, la cella campanaria del Cimitero e la torretta del Palazzo dei Consoli; per San Giorgio, i barilotti con la bottiglia, un tamburo con le mazze, un’alabarda con le picche e la casina con le botteghe; infine, per Sant’Antonio, due tronchi d’albero, un pagliaro e un casolare. Mentre i Ceri restano fermi su questi piedistalli in attesa della seconda parte della corsa che si svolge nel pomeriggio con l’ascesa al Monte Ingino e possono essere osservati da vicino in tutta calma, le autorità, gli ospiti e soprattutto i ceraioli, in vista dello sforzo che li attende, si rifocillano alla “Tavola Bona” all’interno del Palazzo dei Consoli.
La processione pomeridiana
17.00 Immediatamente prima della corsa, si svolge la solenne processione con la Statua di Sant’Ubaldo, che dalla Cattedrale scende in Piazza Grande dove è accolta dal suono a distesa del Campanone. Da qui procede con un percorso inverso a quello dei Ceri, che intanto sono stati tolti dai piedistalli, in un crescendo di tensione per l’imminente corsa. Mentre la processione risale Corso Garibaldi, i Ceri, nell’ordine in cui erano stati collocati a riposo (Sant’Ubaldo, San Giorgio e Sant’Antonio) partono da Via Savelli (la cosidetta “Alzatella”) e si fermano in attesa davanti alla chiesa di San Giovanni Decollato (detta dei Neri dal nome della Confraternita). Nel frattempo le mute dei ceraioli si sono disposte lungo il tragitto e aspettano la partenza. All’incrocio tra Via Dante e Via Savelli la processione si ferma, il Vescovo benedice i Ceri e si avvia verso la chiesa dei Neri.
La corsa
18.00 Dopo la benedizione del Vescovo inizia la tanto attesa corsa, fremente, impetuosa, drammatica come poche al mondo.
Ceraioli e popolo sono tutt’uno nell’esaltazione di quei primi momenti in cui Capitani, Alfiere e Trombettiere a cavallo precedono al galoppo i Ceri.
I Capitani dell’anno precedente danno il “via”. La folla esulta, irrompe in un grido corale, compatto, “Via ch’eccoli”.
Si apre la marea colorata come per incanto per consentire il passaggio dei Ceri in corsa, ben piantati sulle robuste spalle dei ceraioli.
La corsa si snoda per le strette vie medievali, i Ceri oscillano paurosamente, sfiorando e spesso toccando mura e finestre. Con grande abilità e anni di esperienza i ceraioli si danno il cambio in corsa; riescono a prevenire incidenti gravi, pur scivolando e spesso cadendo soprattutto in caso di pioggia.
È una prova di grande forza e abilità quella di far correre il Cero il più possibile in verticale evitando “cadute” e “pendute”.
Questa è la vittoria, tenendo conto che non esiste il sorpasso e che i Ceri arrivano in cima al monte nello stesso ordine con cui sono partiti: Sant’Ubaldo, San Giorgio e Sant’Antonio.
Il percorso che coprono i Ceri in corsa è di circa 4 chilometri e 300 metri, partendo dall’Alzatella fino alla Basilica in cima al Monte.
I° TRATTO: è un tratto difficile e pericoloso, quasi tutto in discesa, affidato ai ceraioli più esperti. I Ceri scendono impetuosamente per Via Via Dante (o Calata dei Neri), Corso Garibaldi, Via Cairoli in fondo alla quale sostano per 15 minuti.
II° TRATTO: i Ceri ripartono lungo la discesa di Via Mazzatinti (o Calata dei Ferranti), poi proseguono in pianura per Piazza 40 Martiri, da lì verso il quartiere di San Martino, da cui risalgono per Via dei Consoli fino all’imbocco di Piazza Grande dove si fermano per circa 15 minuti.
III° TRATTO: dopo che il Primo Capitano ha riconsegnato le chiavi della città al Sindaco, questi affacciato alla finestra della Sala Consiliare, sventolando un fazzoletto bianco, dà ordine ai Campanari di cominciare a suonare e al Secondo Capitano di riprendere la corsa.
Inizia vorticosamente tra urla di incitamento e di gioia in mezzo ad una folla assiepata all’inverosimile, con le “tre birate” o “girate”, ossia con tre giri simili a quelli della mattina, intorno al pennone.
La corsa prosegue poi per Via XX Settembre, prima di affrontare la durissima salita del Primo e Secondo Buchetto, strade incassate tra mura e tanto strette da non consentire nemmeno l’utilizzo dei braccieri.
Giunti in prossimità della Porta di Sant’Ubaldo i Ceri vengono appoggiati a terra per circa mezz’ora prima di attraversare la Porta stessa in posizione orizzontale dato l’angusto passaggio.
IV° TRATTO: l’ultimo tratto della corsa si snoda interamente sulle strade sterrate del Monte. In una manciata di dieci minuti viene coperto di corsa, anche qui Ceri in spalla, un chilometro e mezzo circa di salita, formata da nove stradoni e otto tornanti, con una pendenza media del 20% circa.
Qui la corsa raggiunge il culmine, incentrata sui tempi di percorrenza e sul distacco che un Cero riesce a dare all’altro, cercando di evitare nel contempo sbilanciamenti o, peggio, cadute rovinose.
Lo sforzo dei ceraioli, ansanti e affannati, è al limite delle possibilità fisiche, ma l’esaltazione della festa sembra dar loro un vigore incredibile, sostenuti anche dalle grida di incitamento della folla lungo tutti i stradoni.
ARRIVO: con un’ultima impennata i Ceri arrivano ai piedi della gradinata della Basilica di Sant’Ubaldo e qui la corsa si conclude con l'”abbassata” per entrare nel portale, la salita della scalea e la chiusura del portone in cima. L’Abbassata finale è di grande spettacolarità, perché avviene in piena corsa e ad essa è legata la competizione tra Sant’Ubaldo e San Giorgio per la chiusura della porta.
REGOLE
esistono alcune regole non scritte, ma irremovibili e severe:
L’ordine della corsa è S. Ubaldo, S. Giorgio, S. Antonio.
I Ceri non possono superarsi, se un Cero cade, il Cero o i Ceri che seguono devono aspettare. Il Cero si ferma solo alle soste stabilite. I Ceri devono correre alla massima velocità possibile. L’obiettivo della festa è strettamente legato alla celebrazione del Patrono S. Ubaldo.
Questo è un tributo che anche gli altri due Ceri riconoscono. L’imperativo di ogni ceraiolo è quello di contribuire al successo della corsa e al rispetto delle regole.
Fare una bella figura, evitare pendute, cadute e distacchi, avere una corsa spedita, superare le possibili difficoltà, sono i punti fermi della “filosofia del ceraiolo”.
I festeggiamenti
È tradizione e motivo di grande vanto per Sant’Ubaldo e di umiliazione per il Cero che segue, che una volta entrato nel chiostro della Basilica, Sant’Ubaldo riesca a chiudere il portone dietro di sè, senza pietà per nessuno, facendo attendere gli altri due Ceri prima di riaprire i battenti. Dopo i debiti festeggiamenti con i giri intorno al pozzo e lo smontaggio delle barelle dei Ceri, questi vengono riportati all’interno della Basilica. Durante l’anno molti saranno, eugubini e non, che osserveranno da vicino queste tre formidabili strutture. Sono momenti di grande euforia e di abbandono ad ogni tipo di gioia ed entusiasmo, ma anche di discussioni interminabili e recriminazioni se qualcosa è andato storto, che spesso si protraggono per molti giorni. Comunque la corsa dei Ceri è finita. Dopo una breve cerimonia religiosa all’interno della Basilica, le tre statuette dei Santi discendono il Monte in processione con una fiaccolata accompagnate da un corteo di ceraioli che cantano “O lume della fede” dedicato a Sant’Ubaldo e vengono riportate nella Chiesa di San Francesco della Pace (dei Muratori). La frenesia, l’allegria generale continuano in città ancora quando è buio e la festa prosegue nelle taverne, nelle case dei Capodieci e dei Capitani. Per chi a Gubbio è solo di passaggio rimarrà un’emozione profonda, un’esperienza difficile da dimenticare.
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