Le vicende dell’Eremo di Monte Corona sono strettamente legate a quelle dell’Abbazia di San Salvatore, già sede dei camaldolesi e dei coronesi.
Morto Paolo Giustiniani il 28 giugno 1528 sul Monte Soratte a 52 anni d’età, venne eletto maggiore dei coronesi Agostino da Bassano e poi, alla sua morte (1529), Giustiniano da Bergamo, che fu un solerte propagatore della regola di Paolo Giustiniani. Giustiniano da Bergamo, che viene considerato il secondo padre dei coronesi, propose al Capitolo generale l’erezione di un eremo a somiglianza di quello di Camaldoli, che fosse capo di tutta la Congregazione.
Dopo molte proposte fu stabilito di fabbricarlo sulla vetta del Monte Corona, per la vicinanza all’Oratorio di San Savino e all’Abbazia di San Salvatore. Nel 1530, quando furono iniziati i lavori per la costruzione dell’Eremo, la chiesa dell’Abbazia era quasi diroccata, tanto che gli eremiti chiesero al papa Clemente XII la facoltà di demolirla ed usare i materiali recuperati per la costruzione del nuovo edificio religioso sulla vetta del Monte. Il papa concesse l’autorizzazione, ma proibì di demolire l’antica cripta. Intanto alcuni seguaci di Paolo Giustiniani si erano stabiliti nella piccola cappella a metà Monte, dedicata a San Savino, alla quale il patrizio perugino Raniero Beltramo aveva donato nel 1209 un appezzamento di terreno nei dintorni. Per una provvisoria sistemazione i monaci eressero le loro cellette attorno alla primitiva cappella, utilizzando tronchi d’albero, pietre e fango ed ogni giorno si recavano sulla sommità del Monte per portare avanti i lavori di costruzione del nuovo eremo.
Oggi la cappella di San Savino è stata trasformata in una casa di civile abitazione; un tempo aveva la sacrestia adorna di affreschi a graffiti, due piccole cellette con camino e, fin dalle origini dell’Eremo, i monaci, un laico e un sacerdote, a mezzanotte, vi celebravano gli uffici divini.