Torgiano (PG)
 

 

Sulle colline tra Torgiano e Bettona, in frazione Signoria, alle falde del monte omonimo, si erge questo antico castello chiamato anticamente Russanum, Rescanum, Recsano e Rusciano, considerato inespugnabile nel MedioevoLa prima notizia storica della località risale al 18 febbraio 1038 quando Corrado II il Salico (990 ca.-1039), re di Germania e imperatore, confermò i beni al monastero tifernate del Santo Sepolcro: tra le proprietà elencate vi era anche la chiesa di Sant’Angelo in loco Rusciano, nel territorio di Assisi. Nel 1198 Innocenzo III (Lotario dei conti di Segni, 1198-1216), inviò una missiva al vescovo di Assisi Guido I, affidandogli in custodia il castello di Recsano; in un lodo arbitrale del 1209, relativo alla recente guerra fra Assisi e Perugia, veniva rimesso sul piano delle trattative tra le parti. Nel secolo XII appartenne agli Scifi, famiglia di origine germanica, conti di Sasso Rosso sul monte Subasio. Il castello, anticamente composto da un nucleo fortificato e un monastero, divenne in seguito proprietà di alcuni nobili chiamati Tancredi che avevano acquisito nei primi anni del XIII secolo tale fama e potere da avere diritto ad un canonico nella cattedrale di Assisi. Omodeo di Rosciano il 29 maggio 1202 figurava tra i consoli di Perugia che ricevettero la sottomissione dei possedimenti di Uguccione I e Guido I, marchesi di Monte Santa Maria Tiberina, mentre nel dicembre partecipava alla sottomissione di Nocera Umbra. Suo figlio Tancredo I intraprese una carriera politica e militare molto più significativa: membro del Consiglio speciale del comune di Perugia (1237), prese parte alla spedizione perugina contro Città della Pieve nel 1250, alla sottomissione del castello di Gualdo Tadino il  1° febbraio 1251 e, l’anno successivo, ricoprì la carica di sindaco e procuratore del comune di Perugia. Nel 1255 ebbe da Alessandro IV (Rinaldo dei conti di Segni, 1254-61) anche la giurisdizione su Collemancio e Limigiano. Tancredo I nel 1248-52 in onore del beato Martino, generale dei Camaldolesi, eresse presso il castello il monastero di Sant’Angelo. Nel 1257 Tancredo II di Buono di Marangone, signore di Rosciano, cedette al sindaco del comune di Assisi, Filippo di Giovanni di Pietro, il castello di Limigiano. Nel 1266 fu trasferito all’interno di Rosciano il corpo di san Crispolto che si trovava nella badia di Passaggio di Bettona; sempre nello stesso anno gli uomini del castello incendiarono alcuni boschi nel territorio perugino, per cui furono immediatamente richiesti i danni al comune di Assisi. Nel 1274 il comune di Perugia, per crearsi una testa di ponte nel bettonese, iniziò l’erezione del castello di Torgiano, acquistando anche le terre che i nobili Pietro di Giovanni e Giacoma di Tancredo I di Omodeo di Rosciano possedevano nella zona. Ciò provocò la violenta reazione di Spoleto: fu inviato un contingente armato che assali gli uomini di Rosciano per il timore che essi si volessero sottrarre all’influenza ducale mettendosi sotto la giurisdizione del costruendo castello torgianese, sottomesso di fatto a Perugia.  
 
La rivalità tra Rosciano e Torgiano si fece più aspra negli anni successivi; nel settembre del 1277 si ebbero scontri armati tra le due comunità a causa della sottomissione di alcuni contadini al castello torgianese. Nel 1278 il feudatario di Rosciano fu uno dei firmatari del blocco economico contro Perugia insieme a Gubbio, Assisi, Città di Castello, Todi e Orvieto. L’8 dicembre 1305 i rappresentanti del castello furono convocati nella cattedrale di Foligno ad un incontro con Guglielmo Duranti, vescovo di Cavaillon, e con Pilifort di Ravesteyn, cappellano pontificio e abate di Lombez, per discutere una serie di riforme e di atti di pace da attuare nel ducato di Spoleto. Nel 1330 esistevano sulla riva sinistra del Chiascio due molini, di cui uno di proprietà dei monastero di San Pietro di Perugia e l’altro di Nallo di Cinolo di Giovanni dei nobili di Rosciano. Nel 1352 Pucciotto di Tinto di Rosciano divenne podestà di Narni. Nel 1368 il castello apparteneva a Bonifacio Tancredi di Rosciano, signore anche di Pomonte. Nel 1375 Bettona decise di non aderire alla lega ordinata da Perugia per cacciare i legati pontifici, per cui si inimicò i priori perugini che inviarono Tommaso Marchi a distruggere la città; dopo inutili tentativi, il capitano si diresse allora verso Collemancio, Collepepe e Gaglietole, costringendole alla sottomissione. I bettonesi, vista la veemente reazione, attaccarono il castello di Rosciano; ma il Marchi ritornò all’improvviso costringendoli a ritirarsi non senza pagare un sanguinoso tributo: i bettonesi lasciarono infatti sul terreno alcuni cadaveri, e molti prigionieri confluirono nelle prigioni perugine. Nel 1378 Urbano VI (Bartolomeo Prignano, 1378-89) confermò per 20 anni la diretta giurisdizione di Perugia su RoscianoTelle, signore del castello, rifiutò sempre questa sottomissione, anzi, nel 1383, si consegnò a Guglielmo di Carlo Fiumi, gonfaloniere di Assisi e suo cognato, uomo di inaudita ferocia, che già aveva assoggettato la città a Perugia dietro il compenso di 3.000 fiorini. Nel 1383 giungeva in Assisi Michelozzo Michelotti, fuoriuscito perugino, il quale riuscì a convincere Guglielmo a liberarsi dall’influenza di PerugiaMichelozzo, affiancato da Bartolomeo da Pietramala, Azzo da Castello e Boldrino Panieri da Panicale, attaccò le milizie perugine a Ponte San Giovanni (1384) togliendo ad esse Roscianodopo qualche mese il castello subì l’attacco da parte di un agguerrito esercito che ne rase al suolo tutte le mura. II 14 maggio 1484 Biordo Michelotti si fece proclamare gonfaloniere e  signore di Assisi e dei suoi castelli, tra cui Rosciano. Dai Tancredi, nei primi anni del secolo XV il possente maniero passò a Ranieri II di Tivieri Montemelini, marito di Rengarda Brancaleoni. Nelle vicinanze del castello Giovanni di Tiberio nel 1425 ottenne dai priori perugini il consenso per la costruzione di un ponte sopra il Chiascio che fu chiamato ponte di Rosciano. Dai Montemelini, forse per asse ereditario, il feudo pervenne ai Della Staffa e, in seguito al matrimonio tra Ringarda Della Staffa e Fabrizio II di Rodolfo Signorelli, celebre capitano di ventura, avvenuto sul finire del Quattrocento, tutta la proprietà fu acquisita per successione ereditaria da quest’ultima dinastia. La morte di Fabrizio II avvenuta nel 1522 in Lombardia ad opera di Carlo Pallavicini aprì un contenzioso ereditario tra i suoi fratelli: Bino (1502­70), governatore di Rimini e luogotenente di Ascanio I della Corgna; Leandro (1490-1530), esperto di fortificazioni militari e comandante di una compagnia di 300 fanti fiorentini; Ottaviano, luogotenente generale di Malatesta IV Baglioni (1491-1531), morto nell’assedio di Firenze del 1530 in cui persero la vita 22.000 soldati. A causa della prematura scomparsa dei fratelli, Rosciano passò definitivamente sotto Bino. Fu consolidato, ricostruito e adattato alle nuove esigenze abitative; la famiglia ne rimase feudataria fino al 1699, quando con la morte di Camillo si estinse. La giurisdizione passò al comune di Perugia che la riversò per sei mesi all’anno alla famiglia Graziani e per tre mesi agli Ansidei e ai Baglioni. Con l’avvento della Repubblica Romana nel 1798, Rosciano fu unito al cantone di Deruta. Nel 1817 apparteneva ai conti Ludovico AnsideiBenedetto Baglioni, Pietro Baglioni e Anna Graziavi, figlia unica di Francesco. Pietro (1821) aveva sposato la diciassettenne Anna nel 1774 e questa gli aveva portato in dote palazzo Graziani che dopo la sua morte (1824) fu acquistato da Vincenzo Sereni. Anna lasciò per testamento di erigere con i suoi averi l’Opera Pia o Conservatorio Graziana per togliere dalla cattiva strada le povere fanciulle. Rosciano ritornò alla Chiesa a seguito del motu proprio di papa Pio VII. Intorno alla metà dell’Ottocento tutta la proprietà, compreso il castello ridotto ormai in cattive condizioni, fu acquistato dai fratelli Ciotti, Francesco e don Crispolto. L’ultima discendente dei Ciotti, la signora Fausta, coadiuvata dal marito Remo Granocchia, sta provvedendo con amore e pazienza a restaurare completamente il castello, facendolo ritornare all’antico splendore.