A guidare lo straordinario progetto espositivo Milleduecento. Civiltà figurativa tra Umbria e marche al tramonto del Romanico è la certezza che le opere d’arte rappresentino un contributo insostituibile alla formazione di una civiltà, che a sua volta si esprime attraverso le loro forme.
La civiltà di questi territori si racconta anche attraverso la qualità del suo patrimonio, soprattutto medievale. Si parte dal Cristo trionfante, rappresentato vivo sulla croce e vittorioso sulla morte, immagine centrale e paradigmatica di una cultura che proprio esaltando questa iconografia persegue un suo rinnovamento della forma. Crocifissi monumentali e Madonne in trono col Bambino dialogano con tavole dipinte e oreficerie per ricomporre un tessuto dinamico e sorprendente.
La mostra, curata da Fulvio Cervini, richiama nel titolo The Year 1200: una rassegna vasta e memorabile, che nel 1970, al Metropolitan Museum di New York, pose il tema del grande linguaggio aulico che attraversa ampie contrade dell’Europa occidentale a cavallo tra i due secoli; ma rammenta anche, non solo per assonanza, Duecento. Forme e colori del Medioevo a Bologna, l’importante mostra bolognese del 2000, peraltro incentrata in misura larga sulla pittura; e ancora analoghe e più recenti riflessioni maturate in terra francese, come la mostra Una renaissance. L’art entre Flandre et Champagne 1150-1250(Saint Omer e Parigi, 2013), invece molto orientata sulle arti preziose. Certamente la mostra di Matelica non vuole rivaleggiare con queste iniziative ma, come queste, tende a percorrere una via maestra degli studi medievistici internazionali, ed è frutto di ricerche che i promotori da tempo hanno intrapreso.
La novità della proposta
La novità della proposta consiste nel fatto che il caso umbro e marchigiano non è mai stato, finora, messo adeguatamente a fuoco in questa prospettiva, né tanto meno attraverso una mostra: e a maggior ragione in un Paese come il nostro, dove le esposizioni d’arte medievale sono complessivamente piuttosto rare.
Il grande serbatoio di questa mostra, che è il territorio, è rappresentato da molte opere di non facile accesso perché provenienti da edifici lesionati, ovvero conservate in depositi chiusi al pubblico ma che, grazie a quest’iniziativa tornano ad essere fruibili e possono essere comparate con alcuni prestiti importanti che danno ulteriore misura e testimonianza della grande apertura culturale dello spazio umbro-marchigiano intorno al 1200.
Il percorso espositivo si sviluppa intorno a cinque nuclei tematici:
il primo, Un crocifisso modello, presenta il crocifisso di Matelica come testimone d’eccellenza di una tipologia molto ben rappresentata nelle Marche nell’autunno del XII secolo: vi si affiancheranno tra gli altri gli esemplari di Ancona e del duomo di Camerino, come pure i crocifissi del Museo di Sant’Agostino a Genova e della collezione Salini.
Il secondo nucleo, Sculture come oreficerie e oreficerie come sculture, punta invece a mettere in luce gli incroci fra le arti all’insegna della preziosità, reale o simulata, dei manufatti: si tratti di opere in metallo ovvero di sculture che volevano sembrare oreficerie monumentali, e che proprio verso il 1200 si volgono a policromie più naturalistiche. I crocifissi di Arezzo e di Certaldo vengono messi a confronto con le piccole croci bronzee di Cortona e di Fabriano, con la spettacolare croce del Tesoro di San Francesco ad Assisi, e con il formidabile piatto di legatura, smaltato a Limoges, del Museo Civico d’Arte Antica di Torino.
La terza sezione, Pittura a tre dimensioni, si apre con il singolare crocifisso di Arquata del Tronto, che si dichiara a tutti gli effetti come una pittura a rilievo: le intersezioni tra scultura e pittura sono evidenziate dalla croce di Petrus, proveniente da San Salvatore a Campi di Norcia, dalle Madonne troneggianti di Cesi, Castelli, Foligno e l’Aquila, dal frammento di Brera e dalle tavole del Museo Nazionale dell’Aquila e di Santa Maria in Via a Camerino.
Questo nucleo confluisce direttamente nel successivo, che si propone di intitolare Un nuovo senso della natura nell’ incontro fra le arti. Qui si intende mostrare come l’osmosi tra pittura, scultura e arti suntuaria generi un rinnovato senso della realtà che ispira una rivoluzione formale tra le più alte e decisive della civiltà occidentale. Vi troveranno spazio i Cristi di Jesi, Montemonaco, San Gimignano e della Galleria Nazionale dell’Umbria, mentre la bella testa di Gesù del Museo del Duomo di Prato troverà un ideale corrispettivo in pietra nella testa virile nel Museo del Ducato di Spoleto.Vi si potrà inoltre ammirare, dopo il restauro, la croce dipinta delle Clarisse di Matelica, normalmente invisibile al pubblico.
L’ultima, piccola sezione, Sculture in miniatura, torna al mondo delle arti suntuarie per mettere in risalto altre e succose interferenze: le arti del metallo ispirano formule che pittura e scultura traducono nella scala grande, ma a loro volta riprendono nel minimo formato certe soluzioni statuarie. Lo provano alcuni turiboli, provenienti da Cortona, Arezzo e Firenze e una significativa selezione di matrici per sigilli umbri e marchigiani del Duecento, conservati al Museo del Bargello, tra cui, appunto, la matrice del Comune di Matelica. Qui sarà inoltre presentato uno dei codici miniati del XII secolo conservati nella Biblioteca Vallicelliana di Roma ma provenienti dall’abbazia di Sant’Eutizio in val Castoriana, luogo devastato dal terremoto da cui dipendeva la chiesa del territorio matelicese ove si trovava il crocifisso del Museo Piersanti.
L’iniziativa vede la collaborazione del Comune di Matelica e del Museo Piersanti con l’Università di Firenze, e coinvolge gli uffici territoriali del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e il Turismo, la Regione Marche, le Diocesi interessate.
Museo Piersanti orari Mostra da martedì a domenica, dalle ore 10.00 alle 13.00 e dalle 15.00 alle 19.00.
Prenotazioni visite Tel. 0737 84445