Pietro Vannucci, detto il Perugino nasce a Castel della Pieve, l’attuale Città della Pieve, tra il 1442 e il 1550; la data non è certa perché i documenti che certificano l’anno di nascita sono contradditori.
Il padre, Ser Cristoforo di Pietro Vannucci, un personaggio importante in quanto priore della città e massima autorità delegata al mantenimento della pace, e la madre, Lucia di Giacomo di Nunzio Betti, misero al mondo una numerosa prole: ben otto figli di cui Pietro era il maggiore.
Città della Pieve, all’epoca, era considerata un distretto di Perugia ed essendo, Pietro Vannucci, vissuto molto tempo nella sua cittadina fu considerato da tutti perugino, donde il suo nome.
Formatosi a due grandi scuole, quella indiretta di Piero della Francesca ad Arezzo – che aveva lasciato un segno tangibile di sé nell’ambiente umbro-marchigiano – e quella fiorentina di Andrea del Verrocchio, di cui il Perugino fu allievo nel periodo 1470-72, l’opera del Perugino rappresenta uno dei punti più alti di quel tentativo di sintesi dei maggiori risultati raggiunti dai maestri della prima generazione rinascimentale.
Furono sue caratteristiche la grazia, la soavità e la purezza del disegno, il fascino delle teste di giovani e di donne, l’armonia degli atteggiamenti e dei movimenti, lo splendore del colore, l’eleganza delle architetture.
Fosse indotto all’ipocrisia per avere una vita ricca, comoda e facile? Se la risposta è affermativa è semplice dedurre che ci riuscì molto bene perché Vasari scrisse: “per denari arebbe fatto ogni male contratto” e Pietro Vannucci divenne benestante.
I dipinti giovanili (le Madonne dei musei di Parigi, Londra, Berlino; alcuni dei pannelli con Storie di San Bernardino, Perugia, Pinacoteca, ecc..) rivelano l’assimilazione delle luminose, nitide atmosfere di Piero della Francesca in un gusto più descrittivo e ornato (Presentazione di Gesù al Tempio, Roma, Collezione Morandotti), sul quale agiscono anche gli insegnamenti del Verrocchio sopratutto per quanto riguarda la dimensione che diventa più monumentale e il trattamento della luce e della materia che diventano più raffinate e sensibili.
La fama del Perugino si accrebbe notevolmente dopo gli importanti incarichi ricevuti da Sisto IV alla corte papale a Roma, dove fu presente dal 1478 per affrescare la cappella della Concezione in San Pietro; dei dipinti rimangono solo alcuni frammenti.
Nel 1481-82 lavora alla decorazione ad affresco della Cappella Sistina, accanto al Botticelli, al Ghirlandaio, al Rosselli (Storie di Mosè, Storie di Cristo, tra cui la celebre Consegna delle chiavi a Pietro, che ebbe valore propositivo non solo per il giovane Raffaello ma per una parte notevole della cultura contemporanea). In quegli anni Perugino è un artista lanciato e la sua fama è in costante crescita non solo in Italia ma anche all’estero, in particolare in Francia e in Spagna.
Le richieste delle sue opere aumentano talmente da non riuscire a rispettare gli impegni assunti e le scadenze prestabilite, deludendo i committenti che molto spesso gli revocano l’incarico riservandolo ad altri artisti.
La fama e la ricchezza fanno molto spesso riaffiorare l’indole rissosa e rozza dell’artista tanto che in una notte d’inverno del 1486, a Firenze, insieme ad un balordo, suo collega pittore di Perugia, un certo Aulista d’Angelo picchiano un uomo. Entrambi saranno condannati, Aulista, verrà frustato e imprigionato; il Perugino, reo confesso, artista di alta fama, ma soprattutto protetto dalla potente famiglia dei Della Rovere se la caverà soltanto con una multa e senza che la condanna sminuisca, in qualche modo, il giro delle sue commesse.
Presso Assisi dipinge nella cappella della Porziuncola in Santa Maria degli Angeli la Crocifissione; a Firenze realizza tre tavole per i frati di San Giusto alle mura; per le monache di Foligno realizza Il Cenacolo nell’ex convento di Sant’Onofrio e per la Chiesa di Santa Maria del Cestello la Visione di San Bernardo (ora a Monaco, Alte Pinakothek).
Nel 1490 entra a far parte dell’équipe di Lorenzo il Magnifico lavorando accanto a Botticelli, Ghirlandaio e Filippino Lippi, nella Villa dello Spedaletto a Volterra; artisti, questi, che aveva già incontrato a Roma, quando con loro aveva collaborato ai dipinti della Cappella Sistina.
L’ambiente culturale mediceo rappresenta un polo intellettuale di altissimo rango, vi partecipano i più alti nomi della cultura, della letteratura, della lirica, che insieme al Magnifico imprimono un gusto raffinato, umanistico, sofisticato a tutto ciò che ruota in quell’ambiente.
Il Perugino si adegua subito e con Apollo e Dafne evade dal consueto repertorio religioso per dedicarsi alla perfetta inquadratura prospettica e alla evocazione romantica del tenero paesaggio umbro, collocando, con calibrata armonia, le figure assorte e contemplative, atteggiate secondo ritmi di grazia ed eleganza.
Nel 1493 Perugino sposa Chiara la bellissima e giovanissima figlia di Luca Fancelli, il famoso architetto fiorentino di Palazzo Pitti.
La dote della moglie, rigorosamente depositata presso il Monte delle Graticole a tassi di interesse di molto vantaggiosi, la aumentata produzione di dipinti che Perugino diffonderà in tutta l’Italia centrale, prima, e settentrionale, poi, lo arricchiscono sia finanziariamente e sia stilisticamente fino a raggiungere una purezza di forme e colori precorrente il classicismo del Cinquecento, quello di Raffaello che di Perugino fu l’allievo più importante.
La vasta attività dell’artista nel periodo a cavallo del secolo, aiutato anche dalla sua scuola che annoverava tra gli allievi, oltre a Raffaello, anche Pinturicchio, Ghiberti, ecc., presenta i massimi risultati della sua arte poetica (Apollo e Maria, Parigi, Louvre; Visione di San Bernardo, Monaco, Alte Piakothek; Affreschi del Collegio del Cambio a Perugia, 1497-1500, ecc.).
Anche la ritrattistica con figura a mezzo busto su uno sfondo di paesaggio sfumato o di profilo su sfondo scuro dimostrano le capacità altissime dell’artista di una pittura fine e meticolosa da toccare la perfezione soprattutto nei dipinti di piccolo formato.
Da questo momento inizia il periodo della stanchezza, il Perugino, si accorge che la sua fama sta declinando, altri nomi si affacciano alla ribalta dell’arte: Fra’ Bartolomeo e Andrea del Sarto, Leonardo che propongono opere nuove, anche i suoi allievi come il Pinturicchio, Andrea d’Assisi detto l’Ingegno, Eusebio di San Giorgio e, soprattutto, Raffaello.
Nel 1508, il Papa Giulio II, protettore da sempre di Perugino, nel tentativo di reinserire l’ormai anziano pittore nella decorazione di alcune stanze del palazzo papale, lo convoca a Roma per inserirlo nell’équipe formata da Luca Signorelli, Baldassarre Peruzzi, Giovanni Antonio Bazzi detto il Sodoma, Bartolomeo Suardi detto il Bramantino e altri ma il progetto svanisce per mancanza di un accordo generale. Il Papa taglia corto: chiude i rapporti con tutti e commissiona il lavoro a Raffaello.
Episodi analoghi, Perugino, ne subirà ancora; Firenze ormai è diventata estranea, a volte anche ostile; vi si reca solo per riscuotere gli interessi sulla dote della moglie; la sua vita è limitata a Perugia, dove ricopre cariche pubbliche e, dopo aver chiuso la sua bottega, si dedica alla compravendita immobiliare e alla ricerca di commissioni presso confraternite e parrocchie di campagna per le quali effettua numerose opere che ormai hanno perduto l’estro e l’ambizione figurativa di un tempo.
A Fontignano, un borgo a pochi chilometri da Perugia, nel 1523, viene colpito dalla peste e muore lasciando incompiuti un dipinto dedicato alla Madonna con il Bambino e un grande affresco dedicato al Presepe, entrambi per l’oratorio dell’Annunziata; quest’ultimo, staccato nell’Ottocento, si trova ora al Victoria and Albert Museum di Londra.
Malgrado avesse lasciato nel testamento la sua volontà di essere sepolto nella tomba che aveva acquistato, nel luglio del 1515, per sé e per i suoi familiari, presso la Chiesa della Santissima Annunziata a Firenze, essendo morto di peste, fu sepolto in tutta fretta in aperta campagna. Solo due anni più tardi la moglie si prodigherà per traslare i resti nella Chiesa di Sant’Agostino a Perugia, ma ciò non avverrà.